Pubblichiamo l’intervento che il padre generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza don Carmine Arice ha tenuto venerdì 14 giugno all’apertura della II Assemblea della Famiglia carismatica cottolenghina.
Un cordiale saluto a tutti i partecipanti a questa seconda Assemblea della Famiglia Cottolenghina, sia qui presenti nelle persone dei delegati, sia quanti stanno accompagnando queste giornate con la preghiera e il dono di sé – penso in particolare alle sorelle di vita contemplativa, alle religiose e ai religiosi ammalati verso i quali nutriamo profonda riconoscenza per la loro generosità -.
Un saluto alla Piccola Casa della Divina Provvidenza sparsa nel mondo, a quanti stanno seguendo la nostra Assemblea via streaming e a tutti i membri della famiglia cottolenghina che sono in Europa, negli Stati Uniti, in Africa, in India e in America Latina. Sentiamoci davvero un’unica grande famiglia che ha la gioia di vivere per la gloria di Dio servendo la Chiesa, l’umanità e i poveri, e chiediamo all’Eterno Padre che, per quanti hanno la gioia di appartenervi, la Piccola Casa sia un luogo di felicità dove si può trovare un senso alla vita e servire la gioia dei fratelli. Sì perché, se chi ci incontra non trova sul nostro volto almeno tracce che indicano una pienezza di vita, – qualsiasi sia la situazione esistenziale -, giustamente guarda altrove. Ma, grazie a Dio, sappiamo per esperienza, perché molti ce lo raccontano, che la Piccola Casa è generativa di senso e di speranza!
- Dal perché al come!
Nella prima Assemblea che ci ha visti radunati lo scorso anno, abbiamo posto la nostra attenzione sul perché e abbiamo riflettuto sul senso che ancora oggi può avere un’Opera come la nostra, in un tempo di cambiamenti epocali sia sociologici che culturali. Sono tanti i motivi che rendono il carisma cottolenghino attuale e profetico. Ci siamo ulteriormente convinti, per esempio, che in un tempo nel quale la dignità della persona è riconosciuta più per le sue capacità funzionali che per il fatto stesso di essere nata alla comune umanità, la Piccola Casa che ha imparato lo sguardo sull’uomo dal Vangelo e che annuncia il valore della sua Vita comunque essa si presenti, può concorre ad edificare una società meno crudele e disumana.
Prendersi cura con amore e competenza di anziani fragili, di persone con disabilità anche gravi, di bambini che hanno bisogno di riferimenti veri e sani per la loro crescita, infatti, significa aiutare a benedire la vita, significa aiutare a vincere quella radicale solitudine in cui, non raramente, povertà e sofferenza fanno piombare l’esistenza umana.
Tutto questo è annuncio dell’amore Provvidente di Dio che salva l’uomo e lo desidera vivo per sempre.
Senza aver esaurito la riflessione sul senso, impegno che non può non accompagnare tutta l’esistenza personale di ciascuno e quella collettiva della famiglia cottolenghina rimodulando nel tempo una risposta che non sarà mai definitiva, quest’anno puntiamo la nostra attenzione sul come essere presenti nei contesti attuali e, per poter offrire una cura integrale, come organizzare la gestione delle nostre Opere in un tempo di cambiamenti demografici, di gruppi di appartenenza – religiosi/laici, di tipologia degli ospiti che bussano alle nostre porte, di sfide gestionali economiche e, non da ultimo, di nuove esigenze legislative sempre incalzanti e a volte anche scoraggianti.
L’organizzazione, cari Delegati, non è indifferente alla missione e alla persecuzione degli obiettivi carismatici, così come non è indifferente che le persone che li perseguono abbiano le qualità umane e professionali necessarie. Siamo consapevoli che non si tratta solo di pensare a dei bravi strumentisti ma di capire come un’intera orchestra, composta da esperti artisti dell’umano e della cura, possono offrire a quanti li incontrano, il frutto della loro arte terapeutica.
- Molti un sol corpo. Una Chiesa comunione “per natura”
Abbiamo iniziato la nostra Assemblea mettendoci in ascolto della Parola di Dio e del suo sogno: vedere il Suo Corpo unito, pur nella diversità delle sue membra, delle loro funzioni e delle loro responsabilità. Anzi, come ci ricordava l’apostolo Paolo, la diversità è il presupposto della funzionalità del Corpo, così come l’unità è la conseguenza della sua sanità. Quando un corpo è unito può essere anche sano!
Questo ci dice che la Chiesa, e la Piccola Casa che è porzione di essa, è una realtà comunionale per natura e non per benevolenza o efficienza strategica mediante la quale raggiungere i fini che si prefigge. O siamo “comunione” o non siamo la Chiesa di Gesù Cristo perché veniamo meno alla primaria testimonianza, quella che passa attraverso una comunità che nella carità è una e ha integrato in sé persone sane e malate, anziani e giovani, laici e consacrati, nonché membri provenienti dalle culture più diverse. Per questo la Chiesa non può né escludere e tantomeno trascurare le membra fragili e doloranti del suo Corpo. L’indifferenza verso i poveri sarebbe una contraddizione così grave che renderebbe poco credibile ogni forma di annuncio, e una spiritualità è autentica quando porta ad ascoltare il grido della terra e dei fratelli che la abitano, trasformandosi in presa in carico, per una cura generosa, amorevole e competente.
Esperti nell’arte della relazione, la prima sfida che siamo chiamati costantemente a vincere – e mai una volta per tutte – è quella della comunione, che non significa uniformità ma rispettoso riconoscimento del dono dell’altro, delle sue capacità e competenze, nonché accoglienza anche con i suoi inevitabili limiti perché appartenente come me ad una umanità ferita, bisognosa di misericordia e sempre in cammino.
Questo discorso, essenziale per i credenti, è fondamentale anche per tutti coloro che condividono gli obiettivi antropologicamente significativi che dal carisma cottolenghino discendono. Non penso di essere lontano dalla verità nel dire che l’eventuale disunità del Corpo cottolenghino – a tutti i livelli – è certamente causa di ulteriore sofferenza dei nostri poveri e di inefficacia dei nostri interventi. Non sono rare le ricerche e gli studi che dimostrano che l’ambiente è un coefficiente di cura importante e determinante, soprattutto quando si tratta di accogliere persone seriamente ferite.
- Dalla collaborazione alla corresponsabilità
Il rinnovamento ecclesiale iniziato con il Concilio Vaticano II unito a circostanze diverse quale la carenza di persone con vocazione di speciale consacrazione, ci ha aiutato a prendere coscienza che il Vangelo e il carisma ci sta innanzi come progetto di vita condivisibile per tutti. Vorrei dire, con un’affermazione sintetica, che il Carisma è di chi li accoglie e lo vive e non solo di chi lo professa istituzionalmente magari, a volte, contraddicendolo nella sostanza. Le forme di appartenenza, poi, possono essere diverse, e possono essere molteplici anche le motivazioni per cui si condividono gli obiettivi proposti dalla mission, da quelli più filantropici e solidaristici a quelli confessionali e religiosi.
La teologia postconciliare ha superato, grazie a Dio, la dottrina degli stati di perfezione a vantaggio della perfezione nello stato a cui si è chiamati, se mai di perfezione si può parlare. Così pure, se un’esperienza carismatica può essere nata e donata alla Chiesa dalla vita consacrata, non significa che essa è l’unica espressione autentica del carisma ricevuto. Infatti “il carisma dei Fondatori si rivela come un’esperienza dello Spirito trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo che è la Chiesa” (M.R. 11). La comprensione del carisma è dato dalla misura della sua accoglienza e dalla pratica di vita che ne consegue!
Detto questo, già 20 anni fa la Chiesa ci diceva: “possiamo costatare che si sta instaurando un nuovo tipo di comunione e di collaborazione all’interno delle diverse vocazioni e stati di vita, soprattutto tra i consacrati e i laici” (RdC, 3). Collaborazione è già una bella cosa, ma penso che per la Piccola Casa sia giunto il momento di fare un passo ulteriore, non spinto da necessità ma illuminati dalle circostanze, quello cioè di sentirci tutti – religiosi e laici – corresponsabili della missione. Se il concetto di collaborazione presuppone un agente principale e altri che gli sono accanto per lavorarci insieme, quello di corresponsabilità dice che siamo tutti attori principali e dunque responsabili insieme di un progetto condiviso.
Carissimi non voglio sembrare ingenuo o che non conosca le diverse motivazioni che a volte portano a essere presenti in realtà come le nostre; quante volte si pone fiducia in persone che ci sembrano condividere le ragioni del nostro agire e troviamo amare sorprese. Questa è la vita e questo vale sia per i religiosi come per i laici! Ma non possiamo non rischiare, anzi, dico di più: ho fiducia nell’uomo e nel suo senso di responsabilità, ho fiducia che “la Divina Provvidenza, che per lo più usa mezzi umani”, doni alla Piccola Casa manovali secondo il suo cuore!
Ed è proprio qui che sta la fonte di quella visione nuova nella quale possiamo ritrovarci tutti religiose e religiosi, sacerdoti e laici, amici, aggregati e oblate, volontari e simpatizzanti nella Famiglia Carismatica Cottolenghina.
Cari delegati mi sento di dire: non mettiamo limiti alla Provvidenza Divina e al Suo Spirito, il quale è capace di fare nuove tutte le cose, di aprire strade nuove e perché no, di indicarci percorsi nuovi per continuare a spargere il seme del carisma cottolenghino, anche inviando a nome della Piccola Casa sia religiosi che laici, ma sempre motivate dal desiderio di servire Dio e i poveri sulle orme del Cottolengo. Anche la Piccola Casa è chiamata ad essere in uscita, per questo non dobbiamo temere di ardire e sognare!
- Metodo di lavoro: vedere, giudicare e agire in stile sinodale (cfr Laudato si’)
E veniamo, dunque, a questi giorni e alla metodologia di lavoro scelto per vivere questa II Assemblea. Il metodo lo accogliamo da papa Francesco, così ben evidenziato nella lettera così significativa e tanto drammatica che ha scritto, la Laudato sì: in questa Enciclica l’urlo di denuncia circa il maltrattamento della terra, si è fatto giudizio e indicazioni di scelte inderogabili al fine di custodire la casa comune.
Anche la nostra realtà cottolenghina che conserva il suo fascino e la sua attrazione oltre che la profezia della sua missione, ha sempre bisogno di essere guardata nella sua incarnazione, serenamente giudicata nella qualità e modalità della sua offerta, rinvigorita da scelte coraggiose. Cari amici non abbiate timore in questi giorni di mettere in rilievo sia gli elementi positivi che quelli più problematici che incontrate ogni giorno nel vostro servizio e nel vostro lavoro; non abbiate timore – con rispettosa fiducia – di giudicare una realtà che ha bisogno sempre di crescere e di camminare. Il Padre della Piccola Casa e il Collegio Direttivo hanno bisogno di essere sì incoraggiati, ma hanno anche bisogno di essere aiutati a discernere proprio da chi ogni giorno, sul campo, vive le sfide del carisma.
- Affrontare insieme il futuro: carisma, sostenibilità, organizzazione!
Carissimi le sfide non mancano e insieme nella Piccola Casa dobbiamo affrontare il futuro con fiducia ma anche con una certa celerità perché i processi di cambiamento sono così veloci che non possiamo permetterci ulteriori lentezze. Vorrei ricordare, ancora una volta le tre dimensioni fondamentali che ci vedono occupati ogni giorno: la fedeltà al carisma, l’allocazione delle risorse economiche e la ricerca di una sostenibilità che assicuri un futuro alle nostre opere, un’organizzazione che sia adeguata alla complessità della nostra missione con la conseguente valorizzazione delle risorse umane.
Il carisma, se vissuto nella sua radicalità, ci apre gli occhi, le orecchie e il cuore: gli occhi per vedere il volto dei poveri e la loro mano tesa, le orecchie per sentire il loro grido e la loro domanda di consolazione oltre che di assistenza, e il cuore per essere mossi nell’agire, perché l’amore è “un cuore che vede e agisce di conseguenza” (cfr. Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 31). Un figlio e una figlia di san Giuseppe Cottolengo vive una sana inquietudine perché là dove si trova, certamente incontrerà numerose Maria Gonnet e sarà responsabile di aver dato o meno una possibile risposta!
La nostra missione poi deve fare i conti anche con la sostenibilità economica, e qui si apre un altro tema che prima o poi dovremo affrontare anche in un’Assemblea come questa! Mentre lodo la Divina Provvidenza che dimostra quotidianamente la sua benevolenza verso questa Casa in un modo così straordinario da lasciarci senza parole, riaffermo la necessità di un impegno serio, sereno, efficiente ed efficace nella gestione delle risorse economiche e nella loro allocazione. Cari amici dobbiamo avere coscienza che da un’oculata gestione, carismaticamente orientata, dipende non solo il futuro delle nostre opere e della missione cottolenghina, ma anche la vita di circa 2500 persone – e delle loro famiglie – che ricevono il giusto salario per il lavoro svolto.
Per questo carisma e sostenibilità non possono fare a meno di un’organizzazione capace di sostenere un sistema complesso che deve impegnarsi su tutti i fronti, e quando dico tutti, intendo proprio tutti: è importante la gestione delle risorse economiche e finanziare, ma ancor più importante è la gestione delle risorse umane; è importante organizzare la carità – come ebbe a dire san Paolo VI – ma altrettanto importante è l’impegno nella ricerca e nella verifica che davvero quanto offriamo ai nostri ospiti risponda realmente alle attese dei loro bisogni.
- Conclusione: un cuore riconoscente
Per ora mi fermo qui, non senza esortare ancora una volta alla parresia, quella franchezza che nasce dalla sincerità di cuore e dalla ricerca del solo bene; ascoltiamoci reciprocamente di vero cuore nei tanti momenti di confronto, senza paura; siate coraggiosi nella proposta perché la Piccola Casa oggi è anche nelle mani di ciascuno di voi e insieme ne siamo corresponsabili; siate fiduciosi perché la Divina Provvidenza non abbandona coloro che in essa confidano, ma siate anche onesti nel vedere il vero, il buono e il bello altrettanto presente in questa Casa da più di 190 anni.
Per questo, concludendo, desidero ringraziare tutti i figli e le figlie della Piccola Casa, religiosi e religiose, laici e operatori che, per la loro fedeltà e la loro generosità e non di rado con grande spirito di sacrificio, permettono a noi oggi di essere qui a continuare la missione di annunciare il Vangelo della carità. L’augurio più grande è che davvero chi mette piede nelle opere cottolenghine possa gustare, almeno un poco, qualcosa che sa di Cielo, di Paradiso, sia essa la preghiera, che il servizio che l’amore vicendevole.
Ci aiuti la Vergine Consolata, della quale stiamo celebrando la novena, e tutti gli amici in Cielo. Buon lavoro a tutti!
Deo gratias!
Padre Carmine Arice