La Veglia pasquale nella Piccola Casa di Torino
La sera di sabato 8 aprile 2023 il Padre generale della Piccola Casa, don Carmine Arice, ha presieduto la solenne Veglia pasquale nella Chiesa del Cottolengo di Torino. Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’omelia pronunciata da Padre Arice.
Cari Fratelli e Sorelle, in questa santa notte nella quale le campane vengono sciolte e il canto dell’Alleluia torna a risuonare nelle nostre chiese, in questa santa notte nella quale non cessa ancora la forza distruttiva del male per coloro che sono ancora in cammino su questa terra, in questa notte nella quale alcuni continuano ancora a piangere sotto il peso di croci pesanti, in questa santa notte nella quale non ci vengono magicamente tolte le nostre fragilità e le nostre vulnerabilità, la liturgia ci fa cantare l’annuncio più importante della storia: il Signore è veramente Risorto!
Ci va del coraggio ad andare tra le macerie dei luoghi di guerra, abbracciare una mamma che ha perso un figlio, vedere le lacrime di chi sta vicino ad una persona cara che geme nel dolore, guardare negli occhi la tristezza un anziano lasciato solo, sentire in noi il peso dei nostri limiti e del nostro peccato e cantare: Cristo è Risorto, Alleluia.
Ma questo miracolo è possibile, ed è possibile a condizione che non confondiamo la speranza con l’ottimismo, la gioia con l’euforia, la pace con il successo. Ha scritto Václav Havel, politico, drammaturgo, saggista, poeta e perseguitato politico: “La speranza non è ottimismo. La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno. O abbiamo la speranza in noi, o non l’abbiamo; è una dimensione dell’anima, e non dipende da una particolare osservazione del mondo o da una stima della situazione. La speranza non è una predizione, ma un orientamento dello spirito e del cuore; trascende il mondo che viene immediatamente sperimentato, ed è ancorata da qualche parte al di là dei suoi orizzonti”. Quanta saggezza in quest’uomo che sofferto la tragedia della persecuzione comunista, non meno cruenta di quella nazista, nel ricordarci che la speranza nasce là dove c’è un significato, un senso possibile e certo, un’anima illuminata capace di sostenere anche le tenebre più buie.
Ebbene, questa speranza per noi ha un nome, un solo nome: Gesù il Signore! Solo il Signore che è passato attraverso tutte le passioni degli uomini, che ha provato e preso su di sé ogni patire, fino a sentire anche la solitudine e l’abbandono di Dio e degli uomini, può indicarci la strada della speranza dando alla nostra vita un orientamento dello spirito e del cuore. Cosa è più forte: l’odio o l’amore? Cosa è più fecondo: l’egoismo o il dono di sé? Cosa è più necessario per far fiorire l’esistenza: la luce della verità o le tenebre della menzogna?
Nessuno ha visto Gesù risorgere, tutti però hanno potuto vedere la tomba vuota; molti hanno avuto anche la gioia di vederlo Risorto, parlare con Lui e ascoltare una voce che gli ha fatto ardere il cuore nel petto! La loro testimonianza è credibile non solo perché non mentono, ma anche perché abbiamo sperimentato tante volte, la ragionevolezza delle parole del Cristo, l’efficacia della sua grazia, la potenza dell’amore anche di fronte alle situazioni più difficili.
La Parola di Cristo è l’unica Parola che desidera andare nei luoghi di morte per dare vita nuova e definitiva; tutti cercano di andare dove c’è il successo assicurato, il Signore si compiace di andare dove c’è il fallimento per dire: “Coraggio, ricomincia ancora una volta”! L’annuncio più straordinario della storia di tutti i tempi avviene in un cimitero, dinanzi a una tomba, a persone che piangono perché la persona più cara gli era stata barbaramente uccisa! I luoghi dove si può sperimentare la vera speranza, per assurdo, sono quelli più difficili da attraversare.
Fratelli e sorelle carissimi, l’annuncio che ci viene dato in questa notte è tanto essenziale quanto rivoluzionario così pure la missione che è affidata. Sentiamo la voce dell’Altissimo che ci dice: tu discepolo del Cristo che celebri la Pasqua, hai il coraggio di andare proprio nei luoghi morte a portare la luce della Pasqua? Hai il coraggio di far entrare il Risorto nel segreto della tua anima, dove ci sono spazi di tristezza e di buio, e permettere al germe della Vita nuova di entrare?
C’è un aggettivo che esprime bene il frutto della Pasqua nella nostra vita: è l’aggettivo nuovo! Il Risorto non ci distrugge come uomini e donne malriusciti e peccatori, ma ci rinnova. Il Signore Risorto che fa nuove tutte le cose può renderci uomini nuovi! Nel Vangelo abbiamo sentito che le parole dell’Angelo: andate in Galilea, là lo vedrete. Ma come: erano al centro dell’esperienza religiosa, a Gerusalemme dove c’è il tempio, nel luogo dove abita Dio per eccellenza e l’angelo dice che per vedere il Signore occorre andare in Galilea? Come mai la Galilea il luogo prescelto per vedere il Risorto?
La Galilea rappresenta il luogo della vita quotidiana e la terra dove per i discepoli tutto è iniziato; non solo essa è anche la Galilea delle genti, dei lontani da Dio. Ecco dove vuole andare il Signore, ecco dove, in questa Santa Notte, la Chiesa è inviata ad essere testimoni di speranza.
Fratelli e sorelle carissimi, membri tutti della Famiglia Carismatica Cottolenghina sparsi nel mondo, la Divina Provvidenza ci ha fatto un dono grande: siamo stati scelti per portare l’annuncio di Pasqua, sempre con le opere e la testimonianza, quando è possibile anche con le parole, proprio là dove c’è lo scarto umano, dove ci sono i poveri, dove c’è la sofferenza. A volte questa nostra splendida vocazione è affaticata e rattristata dai nostri limiti e dalle inevitabili difficoltà che incontriamo. Ma questa notte una grazia la dobbiamo chiedere al Signore, assolutamente necessaria per andare avanti: quella di non dimenticare mai il senso della nostra bellissima vocazione, la bellezza di abitare una Galilea assetata di Dio nella quale dobbiamo reciprocamente donarci la carità di Cristo, la gioia di poter annunciare proprio là dove la vita sembra essere più fragile, imbrutita e compromessa: il Signore è Risorto, è con noi, è in mezzo a noi e anche tu hai lo stesso destino.
Ci aiuti il Signore benedetto a fare della nostra vita quotidiana, la casa del Risorto, Colui che fa nuove tutte le cose; ci doni di trovare in Lui crocifisso-risorto, il senso vero della nostra storia, rinnovi ogni giorno il nostro cuore con il dono del suo Spirito e ci doni la gioia del Vangelo. E allora la nostra vita fiorirà in una rinnovata primavera dell’esistenza. Amen!
Padre Carmine Arice