Pubblichiamo l’introduzione del Padre generale, don Carmine Arice, alla terza Assemblea della Famiglia carismatica cottolenghina (25-27 giugno 2021)
Cari membri della Famiglia Carismatica Cottolenghina,
presenti in sala, collegati in remoto o che ci seguite via streaming, delegati e partecipanti tutti, un cordiale saluto a nome mio, di Madre Elda e di Fratel Giuseppe e benvenuti a questa III Assemblea che ci vede riuniti per guardare, ascoltare, discernere il mondo e il tempo che viviamo, e di conseguenza il nostro esserci nella Piccola Casa nella quale lavoriamo e viviamo, sperando che questi giorni siano utili a ridare forza motivazionale a tutta l’attività che facciamo e perseguire con gioia, coscienza e responsabilità gli scopi che la mission cottolenghina ci affida.
Come ho già detto in un recente incontro con coloro che sono chiamati a ruoli di dirigenza nella Piccola Casa, a noi che viviamo in questo tempo, in contesti culturali così complessi dai quali però non possiamo ne estraniarci, né ignorarli, è dato l’indispensabile, prezioso e gravoso compito di essere gli interpreti del carisma e gli attori della sua incarnazione: forse non siamo i migliori per questo compito – anzi – ma siamo coloro ai quali le circostanze e speriamo la Divina Provvidenza ha voluto affidare questo incarico. E se san Giuseppe Benedetto Cottolengo come fondatore, ha avuto la grazia per iniziare quest’Opera voluta da Dio, vogliamo credere e invocare dal Signore Risorto la luce dello Spirito per continuare oggi, con fedeltà creativa al carisma originario, la stessa missione, corresponsabili di una realtà che ci supera e ci comprende.
Lo stile sinodale
L’insistenza della riflessione sulla forma sinodale, tema con cui abbiamo voluto aprire i nostri lavori, è all’origine della stessa idea di “Assemblea”. Siamo convinti che solo da una comunione profonda e da un’unità di intenti condivisi è possibile discernere quanto è necessario per il compito che ci è affidato, consapevoli delle nostre fragilità e piccolezze, della possibilità di errore, pronti a ricominciare ogni volta che se ne abbia la coscienza, ma sempre vigilanti perché retta intenzione, trasparenza in tutti i campi, ricerca del bene per coloro che sono la ragion d’essere della Piccola Casa e della nostra missione – i poveri -, abbiano sempre il primato e siano atteggiamenti ispiratori del nostro agire.
Sinodo letteralmente significa “camminare insieme” o anche “insieme sulla stessa via”: questo non vuol dire cercare i criteri per una democratica gestione di un’organizzazione, nella quale – come in un parlamento – si cerca la maggioranza necessaria per far passare l’una o l’altra proposta.
Il protagonista di un percorso sinodale è lo Spirito Santo, il quale concede sempre a coloro che, con libertà e purezza di cuore, cercano di interpretare responsabilmente la missione affidatagli, la luce necessaria per stare nella realtà con senso e responsabilità, e questo a volte anche a caro prezzo. Libertà e purezza di cuore significa cercare il bene comune prima dei propri interessi, o della difesa di ruoli e poteri, così come stile sinodale significa essere parte di corpo ecclesiale e civile, partecipi di un progetto comune, essendo parte di una squadra che insieme, gioca la partita della vita personale e della realtà a cui appartiene.
La terza Assemblea della Famiglia Cottolenghina
L’anno scorso, a causa della pandemia, non abbiamo potuto celebrare l’Assemblea. Permettetemi in questa occasione, di ringraziare tutti per lo sforzo corale che è stato fatto per affrontare un’emergenza senza precedenti e custodire il più possibile la vita e la salute degli abitanti della Piccola Casa, soprattutto dei più fragili.
Nonostante le difficoltà abbiamo comunque proposto gli Orientamenti Pastorali su un tema particolarmente importante per la vita di ciascuno e della Piccola Casa nel suo insieme: ”Collaboratori dell’Opera creatrice di Dio: il lavoro nella Piccola Casa”, tema in continuità con quelli degli anni precedenti, in particolare dell’ultimo, nel quale abbiamo considerato la corresponsabilità di tutte le membra del Corpo cottolenghino nella missione carismatica.
Come recitano gli Orientamenti per l’anno 2020-2021: “Il lavoro, è la forma concreta mediante la quale collaboriamo con Dio, perché attraverso le nostre braccia, la nostra mente, il nostro cuore, la nostra offerta esistenziale e la nostra preghiera Egli possa continuare ad amare i suoi figli, in modo particolare coloro che sono in maggiore difficoltà e sono vittime di quella cultura dello scarto che non accenna a diminuire nel nostro contesto sociale”. La nostra Mission ci ricorda che ogni operatore può essere lo strumento della Divina Provvidenza nel servizio dei poveri”.
In questo anno abbiamo ripetuto più volte che, nella Piccola Casa come nel contesto socio-culturale odierno, è quanto mai necessario e urgente evangelizzare il lavoro avendo, non di rado, perso la coscienza della sua alta vocazione di utilità sociale, maturazione personale e di collaborazione all’opera del creatore, e sia diventato piuttosto una condanna necessaria – quando si ha la fortuna di averlo – da scontare con sopportazione per il necessario sostentamento personale e della propria famiglia. La dimensione della fatica e la mercificazione dell’opera prestata, sembrano diventare predominanti sul possibile senso e sul valore intrinseco della laboriosità. E questo è drammatico perché nella vita molto tempo è dato proprio al lavoro. Se non sappiamo scoprire la capacità del lavoro di darci benessere prima ancora che reddito, convinti che gli esseri umani sono innanzitutto cercatori di senso, ogni altro rimedio sarà un palliativo inefficace a dare qualità, vigore e sviluppo a quello che facciamo. Il rischio è di essere macchine senza cuore e senza anime che fanno quello che devono fare senza un fine, ma solo aspettando la fine.
Non c’è organizzazione, incentivi o strategie utili a far funzionare una realtà se coloro che la costituiscono e la compaginano non sono abitati da un senso. Per questo, come ho scritto negli Orientamenti Pastorali, “la ricerca di senso del lavoro, non può essere un lusso per pochi”; dobbiamo “aiutarci ad affrontare quello che qualcuno ha chiamato il paradosso della fatica, allo stesso tempo evitata, ma al quale, contemporaneamente, occorre attribuire un grande valore esistenziale perché, come ci ricorda il papa: “Il lavoro è una necessità. È parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale” (L. S. 128).
Mi auguro che in questo anno pastorale sia cresciuta questa coscienza anche grazie ai diversi approfondimenti sul tema che chi voleva, ha avuto a sua disposizione. Sono certo che il cammino è ancora lungo, anzi sono convinto che esso duri l’intera esistenza, perché se doloroso è vivere senza mangiare, penoso e insopportabile è vivere senza senso, lavorare senza un significato convincente e senza obiettivi antropologicamente significativi. Questo è un cammino che nessuno può fare al nostro posto, nemmeno l’organizzazione più perfetta.
Il tema di quest’anno
Quando il Collegio Direttivo si è riunito per decidere se celebrare la III Assemblea e con quale tema, è stato un’anime il parere sia di farla perché ritenuta un momento significativo e importante del nostro cammino comune, sia di continuare ad approfondire il tema del lavoro, vista la sua importanza, ma con un accento sulla concretezza. Ci è sembrato, infatti, che se qualche ulteriore riflessione sul senso ci sia stata, è mancato – forse anche a causa delle circostanze straordinarie che la pandemia ci ha costretti ad affrontare – un adeguato sviluppo delle prospettive operative espresse negli Orientamenti Pastorali al n. 7.
Ne cito qualcuno in forma interrogativa: come promuovere la condivisione anche ideale del progetto carismatico, come favorire il cammino personale umano e spirituale di ciascuno; come favorire un clima positivo degli ambienti di lavoro e un’attenzione personalizzata a operatori e ospiti; come sviluppare un approccio scientifico nell’elaborare progetti di vita degli ospiti e come valutare oggettivamente e proficuamente i processi lavorativi ed assistenziali; come implementare un’adeguata attenzione alla formazione iniziale, permanente e di struttura esplicitando gli obiettivi carismatici dell’Opera; e infine come far crescere l’attenzione pastorale nelle nostre realtà e un approfondimento adeguato, anche nella sua attualità filosofica, antropologica e teologica della spiritualità cottolenghina.
Ecco il compito dei delegati a questa terza assemblea: aiutare la Piccola Casa con quello stile e spirito sinodale che ricordavo all’inizio, nel discernimento di processi abili a rendere operativo ciò che si è intuito necessario: dall’idea alla realtà.
Abitare e vivere la storia del nostro tempo
Permettetemi, allora, in questa terza ed ultima parte del mio intervento di fare alcune considerazioni, spero utili, sul tempo che stiamo vivendo e che condizionano la nostra missione a tal punto che, se non renderemo le sfide occasioni per crescere, magari anche cambiare coraggiosamente ed opportunamente, rischieremo come minimo l’insignificanza oltre che un processo che potrebbe costare molto caro a realtà come le nostre.
Sono convinto che la Divina Provvidenza è Signora della storia e che, con sapienza divina vuole portare a salvezza nel tempo e nell’eternità, tutta l’umanità; sono altresì convinto che essa – proprio perché Signora e porta avanti ogni cosa con stile evangelico – non passa sopra le nostre libertà personali, comunitarie e sociali; questo ci deve rendere responsabili di abitare la storia fino in fondo, senza estraniarci da essa o peggio ancora ignorarla, ma essere protagonisti attivi, per quanto possiamo e nella misura della nostra responsabilità, in un momento così singolare della vita del nostro pianeta, dei suoi abitanti, della comunità ecclesiale e quindi della Piccola Casa di cui si è parte.
- Fratelli Tutti. Papa Francesco ha pubblicato la sua terza Enciclica dall’eloquente titolo: Fratelli Tutti. Chi non lo avesse ancora fatto, si faccia il dono di leggerla e abbia il coraggio di meditarla. Fratelli Tutti, altra faccia della medaglia del Magistero di Francesco iniziato con l’Enciclica Laudato sì,è uno straordinario documento per leggere la realtà contemporanea con tutte le sue contraddizioni e le sue fragilità. Lungi dall’essere una pia esortazione al volerci bene, essa va al cuore dell’esperienza cristiana e umana mettendo l’accento sullo sguardo con il quale guardiamo i nostri fratelli e le nostre sorelle. Che senso avrebbe voler fare nella Piccola casa un cammino sinodale se non partiamo proprio da questa realtà. Fratelli di tutti gli ospiti, qualsiasi sia la loro situazione, la loro storia e la loro fragilità; ma questo, forse, è la cosa più facile da accettare e provare a vivere anche se non lo darei per scontato nelle sue conseguenze.
Fratelli Tutti tra gli operatori e le operatrici: questo è già più difficile e quindi ancora più necessario. Se il sostantivo Casa è antropologicamente quello più significativo sia dell’esperienza umana, tutti abbiamo bisogno di sentirci a casa, sia della nostra missione cottolenghina perché a tutti vorremmo dare una casa nel quale si offre assistenza, cura ed educazione, la condizione è proprio la sfida della fraternità e del rispetto reciproco, dell’accoglienza incondizionata dell’altro.
E infine Fratelli tutti anche tra religiosi e laici! Non è lo stipendio e nemmeno una possibile consacrazione a favorire o impedire il senso di appartenenza ad una realtà carismatica come la nostra ma quello che ci passa nel cuore. Non è né la concorrenza dei ruoli né la nobiltà del soggetto a contribuire efficacemente nella realizzazione della missione ma la competenza e la passione con cui operiamo nonché la condivisione effettiva ed affettiva del nostro lavorare insieme. Fratelli Tutti anche sul lavoro e nel servizio: una sfida complicata, necessaria ma anche esteticamente costruttiva.
- Servizi alla persona o servizi per le persone. La questione culturale è sempre determinante nella considerazione interna ed esterna di una realtà come la nostra, nonché del suo sviluppo. Non basta che noi pensiamo di fare un buon servizio se quel servizio è considerato socialmente e culturalmente inadeguato o persino dannoso per le persone che accogliamo.
Faccio subito un esempio: sono convinto che oggi tra le vittime più eloquenti della cultura dello scarto ci siano gli anziani e i malati cronici terminali. Non smetterò mai di dirlo! Le nostre case in Italia ne accolgono oltre 1500 tra anziani con patologie neurodegenerative o persone anziane e disabili con disturbo del neurosviluppo. Qualcuno osa dire che le RSA come le RSD o le RA siano luoghi dove si segrega la gente e propone come via quasi esclusiva l’assistenza domiciliare.
Sono convinto che in questo caso l’ideologia sia più forte della realtà; ma che io o altri come me lo dicano, non è sufficiente. In contraddittorio verbale non basta! Dobbiamo dimostrare, anche scientificamente, che non è così e che se per qualcuno l’assistenza domiciliare è possibile, per altri – e quelli che accogliamo noi sono tali – la soluzione più adeguata e possibile non può che essere la struttura. Conseguenza è la massima attenzione al progetto di vita delle persone che accogliamo, non soffocati da corrette procedure, unica attenzione di coloro che vigilano sul nostro operato, ma da adeguate proposte di vita che rispondano agli effettivi bisogni degli ospiti. Se dovesse passare, come mi auguro non accada, che le RSA debbano essere chiuse, noi non potremmo dire: noi siamo il Cottolengo e per questo lasciateci stare. D’altro canto, solo una dimostrata competenza assistenziale ed educativa, capace di rispondere ad una qualità di vita possibile dei nostri ospiti è l’unica risposta che può competere in materia una soluzione diversa alla chiusura.
- Dalla conservazione allo sviluppo. In questo contesto culturale la Piccola Casa deve dimenticare il verbo conservare – se non per quello che riguarda il suo patrimonio spirituale e carismatico e la mission affidataci dal nostro Fondatore – e declinare il verbo sviluppare: talvolta questo significherà ripensare i servizi che già offriamo, qualificarli ulteriormente, altre volte chiuderne qualcuno perché non rispondente a bisogni o sensibilità e aprirne altri, con valenza culturale, carismatica e pastorale che annuncia ancora oggi, con eloquenza e competenza, l’amore di Dio Padre buono e Provvidente per i suoi figli. Per questo abbiamo bisogno dello Spirito Santo, della preghiera delle nostre sorelle di vita contemplativa e dell’apporto prezioso delle membra più sofferenti della nostra Famiglia Carismatica, ad iniziare dalle suore delle infermerie.
- Sostenibilità delle nostre opere. Non possiamo che rendere grazie, con stupore fino alla commozione per le carezze della Divina Provvidenza che continua a sostenere la nostra Opera con la generosità di tanti amici che guardano con simpatia alla Piccola Casa. Ma dobbiamo stare anche attenti: la Divina Provvidenza non ci vizia e non possiamo dimenticare l’ammonimento del nostro Santo: peccato e negligenza, allontanano la Provvidenza. Ogni euro che scende dal Cielo su questa Casa è una benedizione del Signore; il patrimonio della Piccola Casa appartiene ai poveri, per questo va custodito e gestito con la massima accortezza. I processi che abbiamo messo in campo perché la trasparenza gestionale accompagni la gestione ordinaria e straordinaria della Piccola Casa è un dovere oltre ad essere uno strumento di massimo efficientamento delle risorse che abbiamo. Inoltre un futuro economicamente sostenibile della Piccola Casa significa anche garantire il lavoro e quindi la serenità a migliaia di famiglie che camminano con noi.
Devo anche dire a questo proposito che non stiamo con le mani in mano perché la giustizia sociale dia a coloro che abbiamo l’onore di accogliere in casa nostra tutto quello che gli spetta come cittadini di uno Stato che dovrebbe assicurare salute ed educazione per tutti, soprattutto per gli indigenti.
Cari fratelli e Sorelle, cari membri della Famiglia Carismatica Cottolenghina, con Madre Elda e Fratel Giuseppe e con tutti i membri del Collegio Direttivo, ascolteremo con estremo interesse quanto emergerà dal confronto di questi giorni e che sarà per tutti occasione di riflessione e revisione. Vi invito ad essere coraggiosi nell’analisi delle questioni ma anche serenamente costruttivi nelle proposte; vi invito a non lasciarvi imprigionare dalle difficoltà ma anche ad essere reali nelle proposizioni che sabato dopo una giornata di ascolto e di riflessione, saranno offerte in questa sala all’attenzione di tutti.
Lunedì, a Dio piacendo, almeno all’aperto toglieremo le mascherine. Possa segnare simbolicamente l’inizio di una ripresa che coinvolge ogni aspetto della nostra vita. La pandemia, quando concluderà la sua indesiderata presenza, non lascerà una società come quella che aveva trovato. E questo non lo possiamo dimenticare nemmeno in questi giorni. Ciò che non avrà scalfito è la realtà di un mondo che sempre continua ad essere amato da Colui che è Padre, Tutto il Bene, il solo Bene, sempre e comunque.
Padre Carmine Arice