La Messa alla Piccola Casa di Torino
Pubblichiamo l’omelia che il Padre generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza, don Carmine Arice, ha pronunciato nella Messa della Notte di Natale la sera di sabato 24 dicembre 2022 nella Chiesa della Piccola Casa di Torino.
“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1).
Queste parole proferite dal profeta Isaia per sostenere il popolo di Israele umiliato dalla deportazioni in Babilonia ad opera del Re degli Assiri ben sette secoli prima della nascita di Cristo, sono dono di consolazione per quanti, anche oggi, sperimentano per le cause più diverse, le tenebre della sofferenza, dell’umiliazione, della solitudine, della malattia, delle proprie fragilità e vulnerabilità, ma anche per quanti provano l’amarezza del peccato, della lontananza da Dio, della negazione del bene, del buio interiore, esperienze queste a volte ancora più dure di quelle fisiche.
Questa notte ci viene annunciato che quella grande luce capace di illuminare le tenebre, quel calore in grado di scaldare ogni cuore, quel bisogno di Vita vera e di consolazione, desiderio profondo dell’anima di ciascuno di noi, ha un nome e un volto: è il Salvatore Gesù che viene a noi con il volto di un fragile Bambino, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia dalla tenerezza materna di Maria.
Cari fratelli e sorelle, l’annuncio che riceviamo in questa santissima notte, apparentemente non cambia nessuna situazione: le oltre 50 guerre sparse nel mondo probabilmente continueranno anche domani e se quella del popolo ucraino ci preoccupa per la sua vicinanza, ve ne sono molte altre che durano da ben più tempo e che sono uno spettacolo di crudeltà senza pari, aggravate dal disinteresse internazionale forse perché ininfluenti per l’economia mondiale. La sofferenza di quanti stanno vivendo la loro passione e magari anche l’agonia della morte non sarà improvvisamente risolta dall’annuncio cantato dagli angeli ai Pastori; in questa santa notte tante persone anche domani si sveglieranno trovando al capezzale del loro letto la malattia con la quale si sono addormentate; così pure il buio interiore di quanti camminano nelle tenebre dell’errore potrebbe essere ospite indesiderato anche domani. A ben vedere, non c’è epoca storica nella quale l’uomo possa dire di essere stato libero definitivamente da malvagità, inquietudini, fatiche, guerre e sofferenze.
Qual è allora il senso profondo del mistero del Natale e delle profezie che abbiamo cantato nei giorni della novena? L’annuncio della nascita del Salvatore come pure la sua presenza non sono come un atto magico che improvvisamente cambia le situazioni ma è l’offerta di un dono che l’eterno Padre, nel suo immenso amore ha fatto e continua a fare all’umanità, gratuitamente e senza riserve, perché incontrando il Signore della storia, ogni esperienza, anche quella più dura e difficile, possa essere vissuta con un senso possibile e orientamento la propria vita nei sentieri della verità.
Nel Natale è a noi offerto il Dio Bambino che attende pazientemente di essere accolto per colmarci dei doni promessi tra i quali la giustizia, la pace e quella gioia intima che non conosce eguali; nel Bambino di Betlemme è dato a noi un Salvatore capace di guarire le ferite più profonde del corpo e dello spirito e così la morte non abbia l’ultima parola.
L’evento straordinario della nascita di Gesù è il miracolo dell’amore di Dio che si impasta di umanità, tocca le carni martoriate degli uomini a volte anche sporche di sangue e di fango, per risanarle, ripulirle e donare loro la dignità dei figli di Dio. Lo sentiremo domani nella lettura del prologo di san Giovanni: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio!”.
Oggi nasce per noi un Salvatore nel rispetto della natura umana, assunta fino in fondo, fino a provare Egli stesso la vulnerabilità propria di ogni creatura umana. C’è un breve capitoletto degli Orientamenti Pastorali di quest’anno che vi invito a rileggere proprio nel giorno di Natale: è il quarto nel quale provo a rispondere alla domanda: Dio è vulnerabile? Negli Orientamenti leggiamo: “Nella vulnerabilità si nasconde il mistero stesso di Dio, perché chi ama è vulnerabile. Anche Dio è vulnerabile perché è amore e l’amore si espone a non essere corrisposto. L’onnipotenza divina non è infrangibilità ma onnipotenza nell’amore. Sì, Dio si è fatto vulnerabile!” E citando papa Benedetto XVI scrivo: “Dio si interessa a noi perché ci ama e l’amore di Dio è vulnerabilità, l’amore di Dio è interessamento per l’uomo”. Sì, Natale è la festa che celebra solennemente l’interessamento di Dio per l’uomo.
La prima condizione per sperimentare la verità della profezia di Isaia che abbiamo ascoltato questa notte, è contemplare questo amore di Dio nel quale il vertice più alto coincide con l’abbassamento più grande, la pienezza con lo svuotamento di ogni privilegio, la divinità con la fragile umanità.
Nel vangelo che abbiamo ascoltato c’è, poi, un’insistenza sul “per voi” che unita all’immagine del fragile Bambino, incapace di qualsiasi violenza, ci fa riflettere: Egli è dato per noi ma con rispetto, con garbo, con liberalità. La grazia ci è donata, ma non imposta, la pace è offerta ma non costretta, la giustizia e la verità sono rivelate ma non in modo da abbagliare le intelligenze bensì illuminando la via di coloro che accettano di accoglierla e percorrerla. Chi mai avrebbe osato pensare che il modo più efficace per narrare l’amore del Re dei Re, e la presenza del Dio onnipotente e Salvatore, fossero la fragile carne di un Bambino e il volto sofferente di un crocifisso.
In questo tempo di Natale sentiremo sovente rivolgere al Signore la preghiera per la Pace; non mancheranno le occasioni nelle quali chiederemo al Signore di fermare ogni violenza, togliere le cause distruttive del peccato e faremo bene, perché senza la sua grazia nulla è possibile; ma mentre chiediamo questa grazia, non dimentichiamo le nostre responsabilità: siamo noi la causa del male che c’è nel mondo non è Dio, siamo noi che abbiamo bisogno di convertire il nostro cuore; non dimentichiamo che fino a quando quel Bambino che è nato per noi non sarà accolto fino a diventare il modello del nostra vita e del nostro agire, difficilmente l’alba del bene e della pace sorgerà a illuminare le nostre giornate. Il più grande poeta russo dell’800, Lev Nikolàevič Tolstòj ha scritto che la sua rinascita spirituale è iniziata quando ha compreso che: “Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, e quindi che non si può combattere il male con il male”. Il Dio bambino combatte il male con il bene e questa è l’unica via possibile.
Alla luce di queste considerazioni, scambiarci gli auguri di Buon Natale nella nostra amata Piccola Casa significa chiedere la grazia che davvero il Dio umile e paziente sia presente in mezzo a noi con il suo Spirito; solo così potrà essere una luce, seppur piccola, che aiuta la speranza di quanti, a cominciare da noi stessi, camminano nelle tenebre dell’esistenza e hanno bisogno di consolazione. Amen!
Padre Carmine Arice