Giovedì 6 gennaio 2022 nella Messa di Comunità
Pubblichiamo l’omelia che il Padre generale della Piccola Casa, don Carmine Arice, ha pronunciato nella Messa di Comunità del 6 gennaio 2022, Solennità dell’Epifania, in cui, come da tradizione, si è tenuta la rinnovazione dei voti delle suore cottolenghine.
La festa dell’Epifania del Signore, cioè della manifestazione di Gesù alle genti come il Salvatore di tutti i popoli della terra, nella Piccola Casa è tradizionalmente unita alla rinnovazione dei voti delle suore. Non conosco l’origine di questa consuetudine; so che questa era una delle date in cui, un tempo, avvenivano le professioni, e forse anche in memoria di questo fatto, si è conservata la bella abitudine di rinnovare oggi i sacri vincoli coi quali le suore cottolenghine si donano totalmente al Signore.
Per questo motivo, spero senza forzature, propongo alcune considerazioni sulla Vita Consacrata, partendo dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltato, in particolare dal Vangelo, e dal significato teologico ed ecclesiale della bellissima festa che celebriamo.
Il Vangelo odierno inizia narrando di alcuni Magi che provengono dall’Oriente in cerca del Re dei Giudei, mossi dalla sua stella che hanno visto spuntare, lo cercano per adorarlo. Evidentemente questi Magi erano astronomi o comunque persone che scrutavano il Cielo per comprendere qualcosa della vita e dell’universo, ma anche cercatori di Dio perché il verbo “adorare” indica, in tutte le tradizioni religiose l’atteggiamento riservato solo alla divinità. Naturalmente, trattandosi di un re, si recano nella capitale, Gerusalemme, il luogo più appropriato per l’abitazione di un monarca, ma ecco la sorpresa volutamente accentuata dall’evangelista Matteo: nella reggia trovano un altro re, ben diverso nella natura, nel modo di esercitare la sua regalità e di relazionarsi con il suo popolo, accecato da una sola paura: la perdita del potere. Già, la paura di perdere potere e gli spazi acquisiti magari anche in modo improprio, il timore di perdere prestigio e comando, possono portare davvero a malvagità inaudite e ce lo ha dimostrato Erode con la strage di infanti innocenti.
Ma riprendiamo il nostro cammino con i Magi: Betlemme dista da Gerusalemme circa otto chilometri, e avuta l’indicazione del luogo dove recarsi dallo stesso Re Erode – ironia dell’evangelista che ci invita a vigilare sulle intenzioni visto che si può perseguire il male anche sembrando di fare il bene – riprendono il cammino dietro alla stella fino a quando giungono alla casa dove si trova il bambino con Maria sua madre.
Pensando alla storia della vostra vita, Sorelle carissime, questa mattina vorrei che il vostro cuore fosse colmo di gratitudine al Signore per coloro che sono state come stelle che hanno indicato la strada che conduceva alla Piccola Casa, alla vostra e nostra famiglia religiosa, dove avete visto confermata la vostra chiamata alla sequela di Cristo nella forma della Vita Religiosa Cottolenghina e, con la gioia chi ha trovato il suo Signore, vi siete consacrate a Lui.
È bello sentire raccontare le storie di vocazione, la varietà delle strade e degli incontri che vi hanno condotte a Lui: alcune sono giunte qui accompagnate dal loro parroco, su indicazione del loro padre spirituale, magari senza conoscere granché di questo luogo, altre sono venute per un semplice servizio di volontariato ed è stata la vicinanza ai poveri ad aiutarle nel discernimento e condurle all’incontro sponsale con il Signore.
Per qualcuna la stella è stata una suora del proprio paese che ha testimoniato una vita che suscitava desiderio di imitazione e voglia di vivere gioiose e totalmente donate come lei, per altre una lettura sulla Piccola casa fatta casualmente che ha suscitato curiosità, interesse fino a dire “voglio andare a vedere”. Gli esempi che ho fatto sono storie reali che ho sentito da voi, care Sorelle. E allora oggi, con il cuore pieno di riconoscenza e di gioia, rendiamo grazie a Signore per le stelle della nostra vita.
Con la gratitudine cresca anche in voi la coscienza che la Provvidenza, la quale “per lo più usa mezzi umani” per portare avanti i suoi progetti, ha bisogno anche ai nostri tempi di stelle luminose, che portano i fratelli e le sorelle all’incontro con Cristo. Gli strumenti sono solo strumenti, ma sono necessari così come è indispensabile la luce per vedere la realtà: al buio si inciampa, si sbaglia strada, non si riconoscono le cose o perlomeno si confondono. In senso proprio si può dire che noi non vediamo la luce ma vediamo grazie alla luce. La stella cometa – così chiamata – è stato l’astro luminoso che ha condotto i Magi fino all’incontro con il Salvatore, ma da quel momento in poi nel Vangelo non si parla più di essa ma di Colui che si è trovato, e lo stesso sguardo dei Magi non è più rivolto a scrutare l’astro lucente, ma il bambino che cercavano, il Re davanti al quale si prostrano per adorarlo.
Care Sorelle, la Piccola Casa è stata la vostra Betlemme perché qui avete trovato il Re dei Re e lo avete riconosciuto nelle sue molteplici presenze: come Salvatore, come sposo dell’anima e unico Signore della vostra vita, ma anche presente in coloro che sono la sua stessa carne sofferente; lo avete trovato presente nella comunità unita nel suo nome ma anche in coloro che silenziosamente tendono la loro mano verso la vostra chiedendovi di essere per loro compagne di viaggio, consolazione nella solitudine, aiuto per trovare un senso alla loro fragile vita. E così consacrazione e missione, come facce di un’unica medaglia, hanno dato e danno senso alle vostre giornate perché sono lo scopo di tutti gli anni di Vita Consacrata che oggi deponete sull’altare del Signore con riconoscenza, rinnovando il vostro desiderio di camminare ancora con Lui fino alla morte.
E se volessimo mutare in preghiera queste considerazioni vorrei chiedere al Signore per voi la grazia di non perdere mai la memoria del primo incontro, del primo amore potremmo dire, quando con trepidazione e gioia avete varcato la soglia della Piccola Casa per incontrare e stare con il Signore; è la stessa grandissima gioia che hanno provato i Magi quando hanno visto la stella e hanno varcato la soglia della casa di Betlemme trovando il bambino vicino a sua Madre.
Fare memoria del primo amore significa non dimenticare mai l’unica cosa necessaria: siete di Dio, appartenete a Lui in modo esclusivo e vivete unicamente per dargli gusto in ogni cosa, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nel pieno delle forze che vi permette di lavorare da mattino a sera, o nella fatica che la vita riserva ad ogni persona che cammina sui sentieri della fede, a volte con prove fisiche e spirituali anche impegnative.
In un tempo caratterizzato da indifferenza religiosa nel quale Dio spesso è messo da parte e viene ignorato più che combattuto, in un contesto socio-culturale nel quale la Chiesa è un riferimento per pochi e a volte apprezzata solo per la sua missione sociale ma ben poco considerata per l’annuncio che desidera fare di Colui che è il senso della sua stessa esistenza, la Vita Consacrata è più che mai uno straordinario dono di Dio che può svegliare le coscienza, può aiutare a porre domande sul perché ci sono donne che rinunciano ad una famiglia, alla maternità fisica e trascorrono lungo tempo (qualcuno direbbe perdono tempo) a lodare il Signore nella preghiera; si impegnano ad amare estranei senza nessun tornaconto, si fanno sorelle di sconosciuti fino a condividerne la casa e ad esercitarci nell’arte della fraternità con consorelle non scelte, con i caratteri più originali, magari anziane, e pure di altre nazioni con culture e tradizioni diverse.
Sì, voi siete un dono, care Sorelle, perché anche senza parlare potete provocare domande e comunque essere sempre un richiamo al Vangelo, alla trascendenza, alla dimensione religiosa dell’uomo, sia per chi l’apprezza che per chi la disprezza e la ignora non riconoscendo che il desiderio di bellezza vera, di verità, di infinito, in una parola di Dio, abita anche il loro cuore.
Ma perché tutto questo avvenga ci sono alcune condizioni in qualche modo anche considerate nel Vangelo che abbiamo ascoltato. La prima, che può sembrare ovvia ma non lo è, sta nella consapevolezza che il Signore non lo si trova una volta per tutte e come lo abbiamo trovato così possiamo perderlo e il desiderio di Lui può affievolirsi. Vivere la memoria del primo incontro non significa essere certi che da quel momento il Re dei Giudei è completamente e pienamente anche il re della nostra vita.
La ricerca di Dio, care Sorelle, dura tutta la vita, non solo perché la Sua bellezza è così multiforme che non si esaurisce mai di scoprirne dimensioni nuove – e questo dovrebbe riempirci di stupore – ma anche perché noi cambiamo, cambiano le situazioni ed è nell’oggi che viviamo che dobbiamo permettere a Dio di abitarci profondamente.
Ha scritto sant’Agostino: “Cerchiamo con il desiderio di trovare, e troviamo con il desiderio di cercare ancora” e giustamente, perché noi siamo sete di vita e non ci accontentiamo finché non troviamo ciò che la sazia. Ed è questa insaziabile sete di Dio il segno della nostra grandezza. L’impegno di una Vita Consacrata è continuare a cercarlo per vivere una familiarità sempre più profonda con Lui. Vigiliamo sul nostro desiderio di Dio, e facciamo di tutto perché non si affievolisca; chiediamo l’intraprendenza dei Magi, il loro coraggio di camminare dall’Oriente fino ad una sperduta cittadina di Giudea pur di trovarlo.
Chi vi accosta, Sorelle carissime, si sentirà toccato dal Signore che abita in voi e dalla vostra totale e incondizionata scelta di Dio, e apprezzerà anche il vostro desiderio di continuare a cercare il Signore per una conformazione a Lui sempre più piena.
I Magi entrati nella casa si prostrano e adorano il bambino: lo riconoscono Dio! Davanti ai loro occhi si spalanca la nuova regalità inaugurata da Cristo: quello dell’amore; davanti ai loro occhi si manifesta la vera libertà che si esprime nell’incondizionato amore per tutti, ebrei e greci, appartenenti a Israele e pagani.
Se c’è un preteso diritto che il nostro tempo rivendica è proprio quello della libertà, inteso come illimitata autodeterminazione persino quando questa lede la dignità altrui. Ebbene se noi chiedessimo a quel bambino che cos’è la libertà ci risponderebbe una sola cosa: libertà è amare! È libero chi non vive per sé stesso, è libero chi dimentica il male ricevuto; è libero chi perdona e chi accoglie il perdono; è libero chi non ha pregiudizi verso nessuno; è libero chi si pane come quel bimbo deposto nella mangiatoi per tuttia.
Ecco l’augurio con il quale concludo queste considerazioni a commento del Vangelo ascoltato e prima della rinnovazione dei voti: il Signore vi conceda davvero di essere donne libere di amare in qualsiasi circostanza, senza preclusione, perché libere da sé stesse, senza mai dimenticare che se la via della gioia è il dono, la via della libertà è l’amore!
Oggi rinnovando la vostra consacrazione, rinnovate anche il momento in cui avete appeso al vostro collo l’icona dell’amore libero, il crocifisso: è l’icona che raffigura fino a che punto quel Dio che liberamente ha scelto di farsi bambino, ha anche liberamente scelto di donarsi fino alla fine.
E sono certo che per l’amore di Dio che abita i vostri cuori, per il vostro amore generoso e incondizionato, anche voi siete come stelle che indicano Colui che ha dissetato la vostra sete di bellezza e di autentica libertà. E molti anche grazie a voi, potranno incontrare il Signore della Vita e sentire per loro l’invito del profeta: Alzati, rivestiti di luce, perché la gloria del Signore brilla sopra di te.
Possa la vostra vita aiutare a danzare l’esistenza di tanti fratelli che incontrate e che sono avvolti da tristezza; possa la vostra letizia aiutare a cantare la gioia che si prova quando, come i Magi, si giunge alla casa dell’unico vero Re e Signore della storia!
Padre Carmine Arice