Domenica 11 ottobre nella Chiesa Grande della Piccola Casa di Torino
Domenica 11 ottobre 2020 alle ore 15, nella chiesa Grande della Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino (via Cottolengo 14), tre sorelle di vita apostolica, suor Ruby Theresa Arockiaswamy, suor Gnana Oli Savari Muthu e suor Ancy Thresia Palackal, hanno emesso la Professione perpetua nelle mani della madre generale Elda Pezzuto durante la celebrazione eucaristica presieduta da padre Carmine Arice.
Di seguito pubblichiamo l’omelia di padre Arice.
“Tutto posso in colui che mi dà forza” (Fil 4,13). Carissime suor Ruby, Suor Oli e suor Ancy, sono certo che quanto affermato dall’apostolo Paolo e che abbiamo ascoltato pocanzi nella seconda lettura, esprime bene quanto prova e spera il vostro cuore in questo giorno della professione perpetua, giorno che rimarrà impresso in modo specialissimo nella memoria come tra i più significativi della vostra vita.
Le parole che tra poco pronuncerete davanti a Dio, alla Chiesa e alla comunità sono veramente impegnative: “per vivere la donazione totale verso i fratelli, particolarmente verso i più bisognosi, anche con il sacrificio della vita, faccio voto a Dio per tutta la vita di castità, povertà e obbedienza secondo la Regola di vita delle Suore di san Giuseppe Benedetto Cottolengo” (Formula dei voti della Suore di san Giuseppe Cottolengo di Vita Apostolica).
Con questo atto solenne, liberamente, responsabilmente e con gioia, donate totalmente le vostre esistenze e deponendole sull’altare di Cristo, sul quale firmerete il vostro impegno, sarete disponibili a Lui e alle sue mediazioni per annunciare al mondo il suo Vangelo in parole ed opere, vivendo unicamente per la Sua gloria. Sì, care Sorelle, solo credendo che forte è il suo Amore per voi – versetto del salmo 117 da voi scelto per illuminare questo evento –, nella certezza che tutto è possibile per la forza di Dio e non per le vostre povere possibilità, potete compiere un gesto così grande, radicale e totalizzante.
In questi anni di formazione vi siete fermate a lungo a riflettere sul passo che ora state per compiere, avete preso coscienza di una chiamata che viene dal Signore stesso e per questo, con fiducia e gioia ora vi unite intimamente e indissolubilmente a Cristo, offrendogli per sempre la vostra vita.
A Cristo voi avete già manifestato concretamente la vostra disponibilità e volontà di seguirlo: avete lasciato da diversi anni la vostra casa paterna, avete deciso di entrare a far parte di una famiglia religiosa composta da persone che non avete scelto voi ma che sono state anch’esse chiamate da Dio a condividere lo stesso ideale evangelico e carismatico, avete anche lasciato la vostra terra, la bella India, per la quale preghiamo con un po’ di trepidazione e preoccupazione anche in questa celebrazione, e siete venute a completare alla Piccola Casa di Torino, culla del carisma cottolenghino, la vostra formazione. E ora siete qui colme di gioia e di trepidazione, di commozione e di fiducia per iniziare a scrivere insieme con Dio e con il Suo Spirito un nuovo capitolo del libro della vita.
“Tutto posso in colui che mi dà forza”! Ma di quale forza parla l’Apostolo Paolo? La forza di Dio, la δύναμις evangelica è tutt’altra cosa da quella umanamente intesa. Lungi dall’essere un potere prepotente e dominante, la forza di Dio è lo Spirito Santo, è la sua stessa vita che entra in noi e ci conforma all’immagine del Figlio suo fino a renderci partecipi della stessa natura divina (cfr 2Pt 1,4). Potremmo anche chiederci: qual è stato il momento più alto in cui Cristo ha manifestato l’opera di questa forza? Nella stessa lettera ai Filippesi l’Apostolo Paolo ce lo ricorda: quando per salvarci ha spogliato sé stesso, ha preso la condizione di servo e si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce (cfr Fil 2,5-11). E tutto questo per Amore, solo per Amore!
Tutta la vita di Gesù è stata una rivelazione dell’umile forza dello Spirito di Dio, dal momento in cui il Cielo toccò la terra nel mistero dell’incarnazione, alla sua nascita a Betlemme, fragile bimbo riconosciuto Salvatore dai piccoli e subito perseguitato dai potenti del tempo; uomo tra gli uomini, poi, nell’umiltà di una vita semplice e nascosta nella bottega di Nazareth, obbediente ai suoi genitori e alla Thorà, ha trascorso molti anni senza che né le cronache né le luci di qualche ribalta se ne accorgessero, eppure era Dio, vero Dio e vero uomo; anche tutta la sua vita pubblica è stata una manifestazione della forza divina, e l’ha esercitata sempre, quando non ha escluso nessuno dal suo amore misericordioso, quando ha pianto di fronte al dolore dei fratelli, quando si è chinato su ogni sorta di malattia e infermità fisica e spirituale, quando ha pazientemente educato gli apostoli, quando ha ripetutamente cercato chi era perduto ed escluso. E per togliere ogni dubbio, quando ha voluto insegnare la via del suo discepolato e la legge della fraternità, ha lavato i piedi ai dodici – anche a coloro che lo avrebbero rinnegato – lasciandogli il comandamento nuovo dell’amore vicendevole e l’invito a gareggiare nell’essere grandi facendosi piccoli, nell’essere signori facendosi servi.
Care Sorelle ecco come Cristo ha affermato la sua forza ed ecco la via della rivoluzione evangelica portata da Gesù il quale, dopo aver provocato l’umanità con il paradosso dell’incarnazione, ha scandalizzato i prepotenti di questo mondo condividendo, per amore dei peccatori, la morte dei maledetti, la morte di croce.
Care suor Ruby, Suor Oli e suor Ancy, forse non sapete ancora dove la Provvidenza Divina, mediante la mediazione dei vostri superiori, vi chiamerà ad offrire concretamente quella vita che oggi deponete sull’altare del Signore, e a questo proposito posso solo dirvi: fidatevi perché il buon Dio sorprende sempre con la sua benevolenza; ma certamente potete sapere come vivere la vostra consacrazione sponsale tenendo sempre lo sguardo fisso su Colui che oggi vi rende consorti per sempre. Conformati a Lui, amando come Lui, servendo come Lui, patendo e anche morendo come Lui, porterete a questo nostro povero mondo ciò di cui ha più bisogno: Dio e il suo Amore, quello che dona vita vera ed eterna.
Sorelle carissime, quando sarete totalmente immerse – perché così deve essere – nel servizio che vi sarà affidato, collaboratrici dell’opera creatrice di Dio mediante il vostro lavoro, non dimenticate mai questo giorno e il senso della vostra consacrazione; l’impegno in quello che vi sarà chiesto, fossero anche ruoli di grande responsabilità, sia sempre e solo animato da quello che oggi professate, perché è Cristo e solo Cristo amato nelle circostanze e riconosciuto nel volto dei fratelli e dei poveri, il senso primo ed ultimo della Vita Consacrata, e questo fino al vostro ultimo respiro, fino a quando con Lui potrete dire: tutto è compiuto. Pieni di energie come lo siete ora nel fiore della vostra giovinezza, tra i bimbi, i giovani, le famiglie, i malati e i poveri, o sul letto di un’infermeria come è per molte nostre sorelle che salutiamo cordialmente, il senso della consacrazione non è mai un ruolo ma sempre e solo un nome: Cristo casto, povero e obbediente, morto e risorto che oggi, nella sua bontà, vi “eleva alla dignità di sue spose” come recita la preghiera di consacrazione che riceverete.
In questa Divina Avventura, non siete sole: c’è la Chiesa nostra Madre che, se da un lato si aspetta molto da voi e, dalla testimonianza radicale della vostra scelta di vita, allo stesso tempo vi accompagna con la sua sapienza e la sua maternità. Siamo profondamente grati al Magistero di papa Francesco sulla Vita Consacrata; esso ci sprona continuamente a uscire da noi stessi per una fedeltà creativa al carisma ricevuto e ci esorta ed essere presenze significative, capaci di profezia per gli uomini del nostro tempo, sentinelle dell’aurora che annunciano e rendono presente il Regno di Dio; e c’è la Piccola Casa con l’Istituto delle suore al quale appartenete e tutta la grande Famiglia Carismatica Cottolenghina che gioisce per il dono della vostra consacrazione definitiva.
Nelle lettere che il nostro Santo scriveva alle suore le esortava sovente a non dimenticare la loro origine di figlie della Piccola Casa e a non allontanarsi mai dallo spirito che avevano ricevuto. Della grande e bella Famiglia Cottolenghina non solo siete parte ma ne siete anche responsabili; anche dalla vostra fedeltà dipenderà la sua fedeltà e soprattutto anche dalla vostra santità dipenderà la santità di questa comunità.
Care sorelle sappiamo che la ragion d’essere della Piccola Casa è la gloria di Dio a Lui resa mediante il servizio ai poveri, e avete imparato – studiando e vivendo la spiritualità cottolenghina – che l’amore vero è come un fuoco a due fiamme, l’una verso Dio, l’altra verso il prossimo, inscindibilmente.
Possa la vostra vita essere ricolma di gioia per la generosità del vostro dono, e nella fraternità condivisa, possiate camminare giorno dopo giorno in letizia e santità di vita.
Per tutto questo benediciamo il Signore e cantiamo Deo gratias!
Padre Carmine Arice