“I cavoli trapiantati”
Lunedì 6 aprile 1970, cinquant’anni fa, dodici ragazze indiane arrivarono alla Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino per iniziare un cammino di formazione. Era la prima volta che la Piccola Casa accoglieva delle giovani aspiranti provenienti dall’estero, da un altro continente, e fu un momento di grande gioia. Nonostante la fatica del distacco dalle proprie famiglie le ragazze furono rincuorate dal calore dell’accoglienza ricevuta e, seppure la comunicazione verbale fosse molto difficoltosa a causa della lingua così diversa, la gestualità e «il linguaggio del cuore» permisero di superare barriere che sembravano insormontabili.
Abbiamo chiesto a suor Annie e suor Giacinta, due di quelle dodici ragazze, che dopo diversi viaggi missionari si trovano attualmente a Torino, di raccontarci quei momenti.
Suor Giacinta e suor Annie, quando avete sentito parlare per la prima volta della Piccola Casa della Divina Provvidenza e del santo Cottolengo?
Avevamo 16 anni, e il nostro parroco ci fece la proposta di iniziare un cammino di formazione a Torino dove San Giuseppe Benedetto Cottolengo fondò la Piccola Casa. Era la risposta che la Piccola Casa dava all’invito che il Concilio Vaticano II aveva espresso con il decreto di Papa Paolo VI «Ad gentes» (7 dicembre 1965).
La Madre generale di allora aveva, infatti, chiesto al Vescovo di Cochin, la nostra diocesi, di preparare un gruppo di ragazze per iniziare un percorso di discernimento e di formazione con il progetto di avviare una prima comunità di suore cottolenghine in India.
Subito eravamo titubanti per la proposta, ma poi abbiamo imparato a conoscere il santo Cottolengo e abbiamo iniziato un percorso graduale di discernimento fino a quando abbiamo deciso di partire per l’Italia.
Quando siete arrivate a Torino?
Siamo partite in dodici da Cochin il 4 aprile 1970 e siamo arrivate a Torino lunedì 6 aprile. Ci siamo fermate a Roma, per prendere la benedizione di Papa Paolo VI all’Angelus di domenica 5 aprile. E siamo dunque giunte a Torino il 6 aprile 1970.
Arrivando alla Piccola Casa abbiamo subito visto la statua del Santo Cottolengo di cui ci aveva parlato il nostro parroco, vedere quella statua ci ha riempito il cuore. Tutte le suore ci aspettavano con gioia all’ingresso principale al numero 14 di via Cottolengo. Ci siamo da subito sentite a casa ricevendo un’accoglienza calorosa che ancora oggi ricordiamo.
Poi siamo state accompagnate nella cappella del Santo e abbiamo consegnato a Lui la sofferenza che portavamo dentro di noi per aver lasciato le nostre famiglie e i nostri affetti. «Ora cominciamo il cammino, ma pensaci tu a guidarci», abbiamo detto davanti all’urna del Santo.
Quello è stato il momento in cui avete detto il vostro «Sì». Come avete trascorso i primi mesi alla Piccola Casa?
Abbiamo iniziato da subito il «Provandato» insieme ad altre ragazze italiane. Sapevamo dire soltanto «buon giorno» ma abbiamo iniziato a comunicare con «il linguaggio del cuore». Tutta la Piccola Casa si era preparata per ricevere questo dono, era la prima volta che arrivavano nuove ragazze dall’estero, da un altro continente. Siccome nell’infermeria prestavano servizio delle suore Luigine indiane la madre generale fece in modo che potessimo frequentarci: ci aiutarono molto ad imparare a comunicare e poi ad apprendere l’italiano. Abbiamo quindi percepito da subito l’attenzione alla persona in ogni aspetto. Ci siamo sentite già allora cottolenghine.
E quando partì il primo gruppo di suore per l’India?
Siamo partite in 7 suore indiane più due italiane nel dicembre del 1977, dopo sette anni di formazione alla Piccola Casa e dopo aver emesso i voti perpetui ad ottobre di quell’anno. Siamo arrivate entusiaste nella diocesi di Cochin. Il Vescovo ci aveva messo a disposizione una casa della diocesi. Non c’erano neanche i letti, appena arrivate siamo dovute andare a cercare i materassi per poter dormire. In quel momento abbiamo sentite di essere state «mandate». La forza di essere attaccate all’albero ci ha fatto crescere e diventare più mature. Abbiamo compreso che ora era giunto il momento di donare quell’amore che avevamo ricevuto. Da quel seme fu avviata la prima presenza cottoleghina in India che inizialmente accolse bambini con disabilità. Oggi la Piccola Casa è presente negli Stati del Kerala, Karnataka e Tamil Nadu con numerose case.
Che significato ha oggi ricordare i 50 anni dal vostro arrivo alla Piccola Casa?
Ricordare i 50 anni dal nostro arrivo a Torino è un’occasione per ringraziare la Divina Provvidenza per questo grande dono. È stata una sfida carismatica per tutta la Piccola Casa. Essere qui oggi è un modo per ringraziare il Signore per il dono della perseveranza. Da quel giorno in cui arrivammo felici ma un po’ impaurite con la sofferenza per aver lasciato i nostri cari, il Signore ci ha accompagnate passo passo nella vita e ha fatto grandi cose per noi.
Intervista a cura di Stefano Di Lullo
Di seguito il video con l’intervista integrale a suor Annie e suor Giacinta.
Voce iniziale: Paola Riva – Intervista: Stefano Di Lullo – Riprese ed editing audio/video: Bruno Doimo