LA PICCOLA CASA OGGI: SENSO DI UNA PRESENZA!
Piccola Casa della Divina provvidenza
Orientamenti Pastorali per il 2018-2019
di Padre Carmine Arice
“Gesù
camminava con loro” (Lc 24,15)
Cari figlie e figli della Piccola Casa,
è davvero consolante sapere che il Signorecammina con noi memori dell’unica promessa che ci ha fattoil Risorto prima di salire al cielo: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Nella spiritualità cottolenghina il tema della presenza di Dio è centrale e riassuntivo di tutte le altre dimensioni che la compongono come facce di un unico diamante.La Divina Provvidenza non è forse l’esperienza di fede in Dio Padre che si prende cura delle sue creature? La preghiera, primo e più importante lavoro della Piccola Casa,non è mettersi alla presenza di Dio per contemplarlo, amarlo, accogliere il dono del Suo Spirito e intercedere perché il mondo incontri la Sua presenzache salva? L’Eucarestia, non è il dono della presenza reale di Gesù per essere nutriti dalla sua stessa vita ed essere trasformati in Lui?[1]I poveri e gli ammalati non sono “sacramento” della presenza di Dio? (cfr.Mt 25,33-44)”?Perfino neldolore nostro e dell’umanità intera,se lo vogliamo, possiamo incontrare la presenza del volto dolente del Signoree dare “compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24)!Nella Piccola Casapossiamo incontrare il Signore nelle sue molteplici presenze[2] nei poveri e nei piccoli, nei malati e nei bisognosi ma anche negli “strumenti umani” che accolgono l’invito ad essere collaboratori di Dio nel servizio di carità. Se “la santitàè il frutto dell’incontro con Lui nelle molte presenze dove possiamo scoprire il suo volto di Figlio di Dio”[3], nella Piccola Casa davvero non manca nulla per camminare verso una pienezza di vita, sperimentare l’amore che salvae vivere nella speranza di vedere il Suo volto faccia a faccia.
Nell’anno pastorale appena terminato abbiamo contemplato la presenza del Signoreriflettendosugli sguardi di Gesù come ci vengono narrati dai vangeli, abbiamo colto l’amore e la tenerezza del suo agire, sorpresi dalla straordinaria capacità del Maestro di trasformare le fragilità e le ferite che segnano il corpo e l’anima degli uomini, inferitoie attraverso le quali Egli offreuna relazione che risana integralmente la persona.Da Lui abbiamo imparato un altro sguardo sulla vita, quello dell’amore; lo aveva imparato il Cottolengo con straordinaria profondità e originalità e lo possiamo imparare anche noi che desideriamo partecipare alla sua missione. E se a volte noi ci dimentichiamo di guardare a Lui, il Signore non si stanca di guardare a noi, facendosi compagno di viaggio soprattutto quando il passo si fa pesante e faticoso.
- La Piccola Casa oggi: come i discepoli di Emmaus
Il racconto dei discepoli di Emmaus[4], scelto come brano biblico di riferimento per il cammino di quest’anno, fotografa bene la situazione nella quale possiamo trovarci, personalmente o comunitariamente, in tempi più o meno prolungati della nostra vita. Come quei viandanti che si stavano allontanando da Gerusalemme, anche il nostro cuore può essere appesantito da stanchezza, scoraggiamento, delusione e persino da un senso di fallimento. Il rimpianto di un passato che non c’è più, magari idealizzato dalla memoria e dalle difficoltà che si incontrano, a volte rischia di diventare più forte di un presente e di un futuro che attendono da noi semi di speranza e frutti di pace. In fondo anche i nostri amici di Emmaus – con i quali non è difficile identificarsi -, non riuscivano a trovare il senso di tutto quello che gli stava succedendo e, di conseguenza, si stavano allontanandosia da Gerusalemme, la città della pace,sia dalla comunità dei fratelli. È consolante sapere che il Signore non li ha abbandonati alla loro sorte ma, ancora una volta, “è sceso”, si è avvicinato e ha camminato con loro,e dopo aver lasciato sfogare l’amarezza che minacciava la loro speranza li ha aiutati, alla luce delle Scritture, a ritrovare un senso nuovo alla loro storia.
Cari fratelli e sorelle nell’esperienza dei discepoli di Emmaus possiamo vedere la nostra di figli e figlie della Piccola Casa della Divina Provvidenza! Stiamo vivendo inevitabili cambiamenti generati da una storia che non si ferma mai, da un mondo in continua evoluzione, da una cultura che pone sempre nuove e delicate sfide, dal cambiamento dei volti di coloro che abitano le nostre case siano essi ospiti cheoperatori, fino a definire, per tanti di noi, realtà profondamente diverse da quelle trovate al nostro ingresso alla Piccola Casa. Sì, abbiamo urgente bisogno di sentire la presenza del Signore che cammina con noi, che magari ci rimprovera di essere un po’ duri e tardi di cuore – e ha ragione – ma, che alla fine, con immenso amore ci dona il Suo Spirito che fa ardere il cuore nel petto e ci aiuta ogni giorno a ritrovare il senso della nostra chiamata a seguirLosulle orme di san Giuseppe Cottolengo. Tutto questo rende quanto mai necessaria la riflessione sul senso della Piccola Casa oggi coscienti che non è sufficiente rileggere cosa ha fatto il santo Cottolengo da quel 2 settembre 1827 al 30 aprile 1842 per ripeterlo pedissequamente, ma che occorre, alla luce di quegli eventi e con la sapienza che viene dall’alto, comprendere cosa farebbe oggi il Canonico buono, e rispondere nelle mutate circostanze agli appelli della grazia e alla missione evangelizzatrice per la quale siamo nati, viviamo e troviamo la nostra ragion d’essere.
- La prima Assemblea della famiglia Cottolenghina
Per questi motivi, in unità di intenti con il Collegio Direttivo, è stata convocata la prima Assemblea della Famiglia Cottolenghina affinché la lode e il ringraziamento per il dono del carisma ricevuto dal Santo e trasmesso a noi suoi discepoli,sia accompagnato da un cammino di fedeltà a Dio e all’uomo del nostro tempo e lastoria della Piccola Casa non si trasformi in un museo di ricordi ma sia una realtà viva, un’Opera di Vangelo per il nostro tempo.
Introducendo l’Assemblea ho ricordato quanto disse papa Francesco a Firenze alla Chiesa italiana: “Stiamo vivendo un cambiamento d’epoca e non solo un’epoca di cambiamenti”[5]. I cambiamenti sono di varia natura: culturali anzitutto, con una crisi antropologica che qualcuno ha definito “rivoluzione antropologica”, dove la fatica nel considerare con senso univoco temi quali l’uomo e la sua identità, la vita e la morte, la famiglia, i diritti individuali, dignità e qualità di vita, vanno a toccare processi educativi, assistenziali, nonché le scelte politiche, l’economia e l’uso delle risorse disponibili.La società liquida della quale tanto si parla oggi, ho l’impressione che stia rendendo molto più fragile questo nostro mondo, e la mancanza di un’etica condivisa e di riferimenti, anche di carattere ontologico, pur apparendo come una conquista di libertà, in realtà sta disorientando giovani e meno giovani. La precarietà, allora, non solo lavorativa, morde e danneggia una proposta di vita possibile e un senso capace di sostenere menti e cuori nelle inevitabili difficoltà. Le visioni antropologiche sono molteplici e a volte ispirano ideologie che possono mettere in dubbio alcune forme istituzionali di assistenza da noi proposte perché ritenute segreganti. Sono sfide che ci interpellano e che dobbiamo affrontare senza paura, motivati dal senso di quello che facciamo e dalla testimonianza di carità sempre rispettosa della dignità personale che deve caratterizzare ogni nostra Opera.
Ma alla sfida culturale si accompagna anche quella religiosa perché il riferimento ad un’esperienza di fede, appannato dalla nostra scarsa coerenza e debole testimonianza al Vangelo, è meno condiviso di un tempo. Capita così che se generalmente tutti apprezzano il servizio che facciamo a favore delle persone più deboli, non a tutti interessano le motivazioni per cui lo facciamo. Gli stessi ospiti che oggi entrano nelle nostre case, o gli allievi che frequentano le nostre scuole, o i poveri che incontriamo nei nostri servizi, non sempre hanno alle spalle un riferimento religioso e una vita di fede condivisa. Questo non ci deve spaventare, anzi, rende ancora più significativa la nostra testimonianza di carità,perché se è autentica, è porta all’evangelizzazione e all’incontro con il Signore Risorto. Penso, per esempio, ad alcune nostre presenze in terra indiana tra fratelli e sorelle dove la quasi totalità delle persone hanno altri riferimenti religiosi: esemplare il servizio delle nostre sorelle che, senza voler fare alcun tipo di proselitismo, desiderano solo essere un seme di speranza e di pace per color che incontrano sul loro cammino, una mano tesa a tutti che esprime un cuore aperto per tutti, e per fare questo accettano anche di rinunciare ad un annuncio esplicito del Vangelo. La Piccola Casa – carismaticamente intesa in tutta l’estensione della sua presenza nel mondo -è dentro a questi processi di forte cambiamento.
Se questo è vero la sfida che dobbiamo affrontare negli attuali contesti, non è solo quella legata alla diminuzione delle vocazioni alla Vita Consacrata, questione notevole che sta cambiando il volto delle nostre presenze soprattutto in Europa, e non è nemmenoil bisogno di risorse economiche notevoli. In realtà c’è una sfida ancora più radicale che dobbiamo necessariamente affrontaree che è ben rappresentato dal tema pastorale di quest’anno: qual è il senso della presenza della Piccola Casa oggi negli attuali contesti sociali, economici, culturali ed ecclesiali? A quali condizione essa può essere Opera di Vangelo e non solo una benemerita istituzione filantropica? Come declinare nella concretezza del vivere e dell’agire, nell’organizzazione e nello stile di servizio e persino nelle strutture murarie un’identità capace di far vedere nei fatti ciò che diciamo con le parole?
In questo anno pastorale potrà essere utile una lettura più assidua dei“documenti” che ci ha lasciato il nostro Fondatore; non sono molti ma sono sufficienti per orientare il nostro cammino. Alcuni sono particolarmente significativi: penso in particolare all’Istanza fatta al re Carlo Alberto per avere il riconoscimento giuridico della Piccola Casa[6], vera magna carta e testo fondamentale dove gli intenti del nostro Santo non ci vengono riportati da testimoni ma sono espressi dallo stesso Cottolengo. In quella lettera ci sono alcune espressioni che, nei contesti attuali,ci provocano fortemente. Per esempio: cosa significa oggi affermare che la Piccola Casa è stata voluta dalla Divina Provvidenza per accogliere e curare quanti non trovano risposta ai loro bisogni e soprattutto sono scartati dalla società del nostro tempo? La domanda è seria perché la sostenibilità economica, assolutamente necessaria per un’opera come la nostra, se malintesa, potrebbe portare anche a scelte che privilegiano il solo risultato preposto, senza tener conto della domanda che riceve e dei percorsi che mette in atto. Su questi temi nessuno, proprio nessuno, ha la soluzione in tasca, e le risposte dobbiamo cercarle insieme perché la realtà è sempre più importante dell’idea[7]. Ciò che non va dimenticato è quanto ha detto Madre EldaPezzutodurante l’Assemblea del giugno scorso:“La Piccola Casa, se ha da essere, deve essere significativa”. Il Signore ha fatto a meno di noi per tanti anni, e se siamo insignificanti, potrebbe fare a meno di noi anche nel futuro, o magari consegnare la sua vigna ad altri vignaioli che la faranno fruttificare. Dico tutto questo con timore e tremore, soprattutto per me stesso, visto il servizio che sono chiamato a svolgere e per il quale sento tutta la mia inadeguatezza.
- La ricerca di senso, cammino personale e comunitario
Cari fratelli e sorelle nessuno può dare un senso alla vita di un altro; nessuno può dire in vece sua quale sia il motore che muove i suoi passi, le suemani e il suo cuore. La ricerca di senso è anzitutto un cammino personale!Forse qualcuno penserà che riflettere su temi come questo sia un esercizio di carattere intellettuale che lascia il tempo che trova! Accolgo questa opinione con rispetto, anche se l’esperienza ci dice che quando la sofferenza bussa seriamente alla porta di casa nostra, abbiamo urgente bisogno di senso per orientare e sostenere quanto ci sta capitando.Detto questo è anche vero che,quando alcuni individui decidono di vivere insieme o di condividere un progetto comune, è bene, anzi è necessario che gli obiettivi siano espliciti e l’opera che ci si accinge a compiere sia animata da uno sguardo condiviso.
Cari figli e figlie della Piccola Casa, l’unico senso che posso indicare come sicuro e senza timore di sbagliare è quello che ci viene offerto direttamente da Cristo e dal Suo Vangelo, aiutati nella sua comprensione dal pensiero del santo Cottolengo e dal Magistero della Chiesa. Per questo stare quotidianamente in ascolto delle Scritture per “mettere assieme” Parola e vita, è la via maestra per trovare un senso a quello che facciamo come Piccola Casa. Oltre a questo, l’esperienza cottolenghina ci dice che ci sono altre scuole di senso particolarmente preziose per chi frequenta casa nostra: penso in particolare ai poveri che ci costringono ad andare oltre, a vedere anche quello che i nostri occhi non vedono o non vogliono vedere;non dimentichiamo che la loro mano è tesaa chiedere aiuto per rispondere alla loro sete di giustizia prima che di carità; penso alla capacità di tanti ospiti di benedire la vita anche in situazioni difficilissime o al sorriso spontaneo di persone con disabilità mentaliche, manifestando una connaturale serenità di vita, diventano una domanda fortissima per la nostra insaziabile sete di felicità; penso ai molti operatori laici che hanno trovato un senso al loro lavoro nella Piccola Casa della Divina Provvidenza in un’esperienza che va ben oltre alla remunerata competenza professionale e che, a fronte di una societàtalvolta crudele e disumana per la sua indifferenza verso i sofferenti[8], dicono ai poveri, nella concretezza del loro lavoro, la parola decisiva del Creatore: “Voglio che tu ci sia!”[9]; e penso infine a tante religiose e religiosi di vita apostolica e contemplativa che pur nei loro limiti ricominciano ogni giorno ad amare Cristo e i fratelli proprio perché convinti che ancora oggi la missione evangelica della Piccola Casa sia sensata. Un particolare pensiero desidero rivolgere alle numerose suore che dopo aver vissuto una vita intera a servizio dei poveri, ora vivono l’ultima stagione della loro esistenza nella preghiera e nell’offerta silenziosa. Fa sempre bene visitare le infermerie delle nostre sorelle a riposo e, quando le condizioni di salute lo permettono, farsi raccontare brani di vita pieni di significato, rivelazione di un amore a Cristo e ai fratelli fedelmente perseguito in tutta la vita. E se la loro voce è affaticata, guardate i loro occhi perché anche quelli hanno qualcosa di bello da dirci!
C’è, dunque, un cammino personale che nessuno può fare al nostro posto, e ce n’è un altro che possiamo fare solo insieme per rispondere, nelle diverse presenze cottolenghine geograficamente sparse nei tre continenti, con culture ricche, originali e diversissime, alla chiamata di Dio e al grido dei poveri. Concludendo l’Assemblea ricordavo l’importanza di essere vigili per tenere il passo di Dio, anche se il Signore è così buono che talvolta rallenta il suo passo per camminare accanto a noi e aiutarci a recuperare le nostre lentezze e inadempienze. Dio non ci lascia tranquilli in poltrona, ricorda sovente il papa, e non vuole portare novità fini a sé stesse. La novità di Dio nasce dall’incontro del Vangelo con la storia. Allora, se noi veramente vogliamo tenere il passo del Signore, dobbiamo avere una sana inquietudine, quella che non si ferma al “si è fatto sempre così” ma va avanti senza nostalgie e rimpianti per un tempo passato che è stato più semplice solo per chi non l’ha vissuto.
Poiché la Piccola Casa è diffusa in quattro continenti e questa lettera è rivolta a tutti coloro che appartengono alla grande famiglia cottolenghina, senza fermarci a considerazioni più circostanziate, alcune domande di fondo possono aiutare un discernimento condiviso perché le nostre presenze cottolenghine possano essere significative e superino uno scontato mantenimento dell’esistente a volte faticoso ma poco efficace. Chiediamoci, per esempio, perché manteniamo o iniziamo un’Opera di carità o un servizio in un determinato luogo e qual è l’obiettivo carismaticamente significativo che la motiva. Non diamo nulla per scontato. E ancora: le modalità con cui le realizziamo, esprimono davvero la mission della Piccola Casa di servire i nostri fratelli nel corpo e nello spirito? E i poveri che abbiamo l’onore di servire si sentono davvero raggiunti dal nostro amore e accompagnati nei loro bisogni di relazione oltre che di assistenza e di cura? Favoriamo la ricerca di senso di coloro che sono affidati alle nostre cureperché anche nelle stagioni più fragili dell’esistenza possano benedire la loro vita?
Carissimi, solo in questo orizzonte ha senso affrontare anche il tema economico per far sì che la missione sia sostenibile e in un mondo troppo spesso asservito al potere dei soldi e del successo, testimoniare che i beni sono benedetti da Dio e sono sufficienti quando sono veramente condivisi, in particolare con i poveri.
Conclusione
Cari fratelli e sorelle abbiamo davanti a noi un anno pastorale per riflettere su questi temi così importanti: non sono certamente questioni nuove quelle di cui vi ho parlato, ma le circostanze attuali, in particolare i forti cambiamenti accennati nella prima parte di questi orientamenti, chiedono attenta riflessione e grande docilità all’azione dello Spirito Santo per dare rinnovato vigore ai nostri passi e tenere vivo il senso del nostro cammino. Quanto vi ho proposto sono solo spunti di riflessione nei quali, come avrete letto, le domande sono più delle risposte.Mi auguro che l’approfondimento di questi temi coinvolga tutte le diverse componenti della nostra bella e grande famiglia carismatica e siano ulteriormente arricchiti dalla vostra personale esperienza di religiosi e religiose, sacerdoti, operatori laici, volontari, benefattori e persone affezionate alla Piccola Casa che la sostengono con affetto e amicizia.
Le tematiche affrontate in questi orientamenti pastorali potranno essere ulteriormente arricchiti dalla lettura di altri sussidi che sono stati pubblicati recentemente, in particolare gli Atti della prima Assemblea della Famiglia Cottoleghina(sia in video che cartacei) e il bilancio sociale del 2017 dove la nostra missione è raccontatanelle sue diverse espressioni. Con umiltà gioiamo e rendiamo grazie a Dio per il bene compiuto, ed è tanto, chiediamo perdono per le nostre inadempienze e soprattutto invochiamo lo Spirito Santo perchéconvinca il nostro cuore che è bello spendere la vita affinchè il Signore sia conosciuto e i poveri, di corpo e di spirito, possano trovare sul loro cammino compagni di viaggio capaci di sostenere la loro fragile vita e rasserenare almeno un po’le loro giornate.
Ci aiuti in questo cammino la Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario e patrona della Piccola Casa, il nostro Padre Fondatore, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, i Beati Francesco Paleari e Luigi Bordino, la serva di Dio suor Maria Carola Cecchin che speriamo di vedere presto elevata agli onori degli altari.
Torino, 7 ottobre 2018, festa della Madonna del Rosario
Padre Carmine Arice
[1]“La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a farci diventare quello che mangiamo”. Leone Magno, Serm. 12 sulla Passione, 3,7.
[2]Cfr. Il Carisma di san Giuseppe Cottolengo, Testo Comune ai tre Istituti Cottolenghini, 4d.
[3]CIVCSVA, Ripartire da Cristo, Roma, 2003, n. 23
[4]Cfr. Atti della Prima Assemblea della Famiglia Cottolenghina, “Arde il cuore”: dalla sfiducia al coraggio”,Lectio Divina su Lc 24,13-35 di Suor Paola Maria Degli Angeli De Bortoli, p. 71- 81.
[5]Francesco, Discorso al V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, Firenze,novembre, 2015.
[6]Nell’Istanza rivolta dal Cottolengo al Re Carlo Alberto per chiedere il riconoscimento giuridico della Piccola Casa,pervenuta al Ministero dell’Interno il 19 agosto 1833 si legge: “La Divina Provvidenza sotto l’invocazione di S. Vincenzo De’ Paoli, avendo da qualche tempo in qua coadunati alcuni letti a riccovero di taluni di que’ molti miserabili, che altrimenti perirebbono abbandonati, come di condizione morbosa non ammissibili in alcun venerando spedale, ed avendo il pietoso Iddio a tal Opera inspirato l’umile supplicante, questi come che si sente ogni dì più spinto nel cuore dalla Superna Degnazione a cercar alcun altro spediente non meno ad ingrandimento della suddetta Piccola Casa appigionata per gli Infermi, quanto pel provvedimento d’altre specie di persone povere, ed abbandonate per incamminarle nella via del lavoro, e di salute” (S.G.B. Cottolengo, Carteggio, vol.I, pp. 336-337).
[7]Cfr. Francesco, Esortazione Apostolica Evangeliigaudium, Roma, 2013, n. 231.
[8] Cfr. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Spe Salvi, Roma, 2010, n. 38.
[9] San Giovanni Paolo II, Discorso alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, Torino, 13 aprile 1980.