Dal 14 al 16 giugno la Famiglia Carismatica Cottolenghina proveniente da tutta Italia si è riunita a Torino per confrontarsi sulla significatività delle opere cottolenghine, ponendo l’accento sulle modalità più idonee per continuare ad annunciare il Vangelo della carità ai poveri e ai sofferenti.
L’ampio spazio dedicato al confronto tra i delegati ha favorito l’avvio di un processo di discernimento condiviso e di corresponsabilità che vede coinvolti laici, religiosi e ospiti.
Oltre duecento delegati, fra laici, religiosi e sacerdoti che a vario titolo operano nelle nostre realtà, a partire dal tema «Insieme nella Piccola Casa: ‘Molti un solo corpo’ (1 Cor 12,20)», hanno elaborato proposizioni e proposte concrete per avviare insieme un percorso di discernimento sul futuro dell’opera fondata da san Giuseppe Benedetto Cottolengo.
L’Assemblea è stata preceduta venerdì 14 giugno alle 11 da una solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento per il 50° anniversario di approvazione pontificia dei sacerdoti di san Giuseppe Benedetto Cottolengo presieduta da mons. Edoardo Aldo Cerrato, Vescovo delegato della Conferenza Episcopale Piemontese per la vita consacrata.
PRIMA GIORNATA – Venerdì 14 giugno
Lectio introduttiva «Molte sono le membra ma uno solo è il corpo» (1 Cor 12,20)
Nel pomeriggio il biblista Luca Moscatelli ha introdotto i tre giorni di lavoro con la lettura e il commento della Parola di Dio. «Essere un solo corpo e molte membra», ha detto, «significa affermare che la diversità è una ricchezza che lo Spirito approfondisce e irriga sempre per il bene.
La scelta degli ultimi non è solo un privilegio è anche l’unica cura che il corpo ecclesiale può regalarsi per rigenerarsi nel Vangelo. Non c’è un altro modo! Occuparsi degli ultimi è come occuparsi di Dio in persona».
SALUTI INIZIALI
Madre Elda Pezzuto, superiora generale delle suore di S.G.B Cottolengo, ha evidenziato come al centro dell’Assemblea c’è il Carisma, «dono gratuito che abbiamo ricevuto da Dio attraverso il nostro Fondatore. Questo dono condiviso apre ad un impegno che desideriamo sia sempre più profetico per e nel nostro tempo».
La Madre ha dunque suggerito tre punti fondamentali che caratterizzano il cammino della famiglia carismatica:
- La partecipazione alla stessa missione della Piccola Casa che è della Divina Provvidenza e che è casa di Dio per l’uomo
- La disposizione interiore che deve essere quella della comunione dei cuori
- La sinergia e la complementarietà
Fratel Giuseppe Visconti, superiore generale dei fratelli cottolenghini, ha ricordato che è finito il tempo dell’autosufficienza ed è importante imparare a relazionarsi in un modo nuovo gli uni con gli altri.
«La sfida per noi cottolenghini», ha detto fratel Visconti, «è trovare il modo in cui il nostro servizio venga svolto non solo con lo stile che ci è proprio, ma far sì che nei collaboratori esterni si formi e cresca una coscienza propria per cui agiscano e si comportino secondo lo stile che il Santo trasmetteva alle volontarie e ai volontari del suo tempo».
Nella sua relazione, il padre generale della Piccola Casa don Carmine Arice, in cinque punti ha spiegato il passaggio dal «perché» del carisma, oggetto della scorsa assemblea, al «come» essere presenti nei contesti attuali per poter offrire una cura integrale e organizzare la gestione delle opere cottolenghine in un tempo di cambiamenti:
- Dal perché al come
- Molti un solo corpo: una Chiesa comunione «per natura»
- Dalla collaborazione alla corresponsabilità
- Metodo di lavoro: vedere, giudicare e agire in stile sinodale
- Affrontare insieme il futuro attraverso la sinergia tra carisma, sostenibilità e organizzazione
«Penso», ha detto padre Arice, «che per la Piccola Casa sia giunto il momento di fare un passo ulteriore, non spinto da necessità ma illuminati dalle circostanze, quello cioè di sentirci tutti – religiosi e laici – corresponsabili della missione. Infatti il concetto di corresponsabilità presuppone di essere tutti co-attori principali e corresponsabili di un progetto condiviso».
RELAZIONE DI PADRE CARMINE ARICE
PARTECIPAZIONE E CORRESPONSABILITÀ: LA FAMIGLIA CARISMARTICA
Don Flavio Peloso, superiore generale emerito della Piccola Opera della Divina Provvidenza di don Orione, nel suo intervento ha sottolineato come sia possibile unire carisma e impresa. «L’accostamento di queste due realtà», ha detto, «è necessario per attuare il disegno della Divina Provvidenza sempre orientato al servizio dei poveri: è la sfida coraggiosa e innovativa di oggi».
Don Peloso ha poi ricordato l’urgenza di una formazione organica e strutturata a vari livelli per tutti i collaboratori. Per evidenziare l’apporto di ciascuno nel disegno della Divina Provvidenza, Don Flavio ha utilizzato l’immagine del tronco formato da linfa, midollo, corteccia e licheni.
SECONDA GIORNATA – sabato 15 giugno
Laici nelle opere carismatiche della Chiesa
Ha aperto la seconda giornata la testimonianza di Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi che accoglie persone con gravi disabilità.
L’opera del Serafico, fondata da san Ludovico da Casoria nel 1871 per accogliere ragazzi sordi e ciechi, con gli anni si è rinnovata rispondendo alle nuove esigenze di accoglienza, diagnosi, riabilitazione, assistenza socio-sanitaria, recupero e reinserimento sociale di ragazzi con disabilità plurime.
«Operare in una realtà carismatica», ha detto la Di Maolo, «significa in primo luogo rispondere ai bisogni concreti delle persone che abbiamo di fronte a noi. E questo lo si può fare solo stando accanto agli ospiti e alle proprie famiglie. Un’opera cristiana non deve essere un doppione del Servizio sanitario nazionale, non siamo qui per fare business. Dobbiamo essere innovatori per trovare risposte alle diverse situazioni. Se riusciamo a fare ciò, come insegna la storia, veniamo poi raggiunti dalle istituzioni pubbliche».
La presidente del Serafico ha poi messo al centro i lavoratori che operano nei diversi servizi: «nel lavoro di chi cura, riabilita, educa e sostiene si possono e si devono testimoniare i valori fondanti della nostra società, perché riportare il più fragile al centro di una comunità e adoperarsi affinché nessuno sia lasciato alla solitudine e all’abbandono è un fondamento non solo del cristiano ma di ogni società umana. Ognuno di noi, nel lavoro quotidiano può dare quel contributo che fa la differenza». Ma ciò richiede una nuova conversione: «quella del cuore, che applicata al mondo della salute richiama alla memoria l’abbraccio di san Francesco con il lebbroso. Non un gesto pietistico ma che parte dal cuore: Francesco scende da cavallo, bacia il lebbroso, lo abbraccia perché il linguaggio della fraternità e della cura ha bisogno della logica del cuore».
La Piccola Casa, Famiglia carismatica
Successivamente, Federica (aggregata laica alla Congregazione delle Suore di S. G. B. Cottolengo) e suor Luisa Busato (consigliera della Madre Generale), hanno raccontato attraverso un video la bellezza della famiglia carismatica cottolenghina. Inoltre, le frasi che accompagnavano le immagini hanno illustrato il cammino con cui il carisma ha preso corpo in coloro in questi anni sono stati chiamati a collaborare a vario titolo alla Piccola Casa: dipendenti, personale delle cooperative, consulenti, liberi professionisti, volontari, amici del Cottolengo, oblate ed aggregati laici.
TERZA GIORNATA – domenica 16 giugno
La celebrazione eucaristica conclusiva
Domenica 16 giugno l’ultima giornata dell’Assemblea si è aperta con la Messa nella solennità della Ss. Trinità animata nella chiesa Grande del Cottolengo dal coro degli operatori laici della Piccola Casa, insieme ad alcune religiose.
Il padre generale don Carmine Arice ha sottolineato il legame provvidenziale tra il tema dell’Assemblea, «Insieme nella Piccola Casa», e la festa della Trinità: «L’amore è la legge che costituisce la Ss. Trinità nell’unità, è il dono di sé, cioè Cristo crocifisso. Fuori da questo orizzonte di dono e di carità la Piccola Casa non ha ragion d’essere. Ed è indispensabile che la pace regni tra tutti i membri della famiglia cottolenghina perché, come diceva il Santo Cottolengo, ‘le rotture della carità sono una spada che ferisce nel pieno del cuore della Piccola Casa’».
Le conclusioni
In seguito è stato condiviso in assemblea quanto è emerso nei diversi Tavoli di lavoro. Sono state suggerite come strategie per vivere e operare insieme nella Piccola Casa:
- la formazione a tutti i livelli
- la comunicazione verso l’interno e verso l’esterno
- l’incremento di spazi di confronto per condividere le strade da intraprendere
- la centralità della persona dell’ospite in ogni scelta
- la valorizzazione del dono dei monasteri come luogo di ricerca spirituale
- la necessità di continuare il cammino di confronto intrapreso
Don Carmine Arice ha riassunto le proposizioni emerse dai gruppi in dieci punti accomunati dalla parola «Insieme» e ha esortato «a vigilare sulle motivazioni che tengono insieme la famiglia carismatica, prima ancora che riflettere sulle modalità»:
- Insieme mettendo al centro la Persona dell’ospite e i suoi bisogni
- Insieme prendendosi cura gli uni degli altri
- Insieme vincendo la resistenza al cambiamento
- Insieme vincendo la diffidenza e dando fiducia
- Insieme esercitando l’arte della relazione
- Insieme nell’ascolto
- Insieme abitando la Casa e vivendo come famiglia
- Insieme progettando il futuro
- Insieme formati al carisma cottolenghino
- Insieme a servizio del Vangelo
«Le strutture da sole», ha concluso padre Arice, «non hanno vita e non trasmettono vita: lo possono fare solo attraverso persone, animate dallo Spirito datore di vita».