Giovedì 4 aprile alla Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino monsignor Domenico Battaglia, Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, ha incontrato i religiosi e i laici che nella Piccola Casa hanno responsabilità dirigenziali. «Per il suo stile, i contenuti della sua pastorale, e la modalità di esercitare il ministero episcopale», ha detto nell’introdurre l’incontro don Carmine Arice, Padre Generale della Piccola Casa, «mons. Domenico è ritenuto il degno successore di don Tonino Bello».
Il Vescovo, da tutti conosciuto come don Mimmo, si è presentato come un «prete di strada» perché ha sottolineato «fino a quando la fede resta nelle sacrestie la Chiesa rischia di perdere. Dovremmo prendere più sul serio gli insegnamenti di Papa Francesco. Non ci si fa prete una volta sola ma ogni giorno bisogna lasciarsi fare dal Signore e dalle situazioni che ci troviamo a vivere. Non so quanti ragazzi ho convertito, ma so che ognuno di quei ragazzi ha convertito me».
Continua il Vescovo Battaglia «sono io a dovermi mettere in ascolto e dire grazie a voi cottolenghini per il vostro impegno in quest’opera del Signore. Conosco bene il senso della speranza che si vive qui. Dove c’è vita c’è speranza e in questo luogo si celebra la speranza».
Dopo l’introduzione cordiale e famigliare il Vescovo ha voluto condividere con i cottolenghini presenti, gli insegnamenti ricevuti dai più fragili: «mi sorprende il fatto che Dio vuole sempre assomigliare alle persone di cui ci prendiamo cura. Le situazioni ordinarie che viviamo sono gli appuntamenti che Dio ci dà e Lui spesso si nasconde dentro una lacrima o una carezza. In questi anni ho condiviso la gioia e la fatica di molti ragazzi fragili e da loro ho capito che Dio non ama si esalta ma coloro che hanno fallito perché hanno capito che possono rialzarsi».
Attraverso il racconto dei suoi vissuti personali il Vescovo ha affrontato temi molto cari e vicini alla spiritualità cottolenghina: «nella mia vita ho imparato che ci vuole il coraggio di stare sulla soglia perché non si può mai comprendere il dolore di un’altra persona. Se tu cerchi di entrare nel dolore di un altro lo profaneresti. Ogni dolore non chiede mai una spiegazione ma una condivisione».
Alla domanda di Padre Arice: «Come ha vissuto il passaggio da sacerdote fra gli ultimi a Vescovo?» il monsignore ha risposto: «Ho fatto i conti con un forte senso di inadeguatezza, impotenza ed inquietudine. Ma durante la visita a Vito, un ragazzo disabile ho scoperto che la prossimità è mettere al centro il dolore dell’altro e non sé stessi. Ho imparato che alla parola fragilità bisogna accostare il termine: prendersi cura e che dietro ogni povertà c’è una speranza di progettualità.
Così sono nate diverse cooperative e iniziative su terreni e case vuote della Diocesi compresa una fabbrica di dolci. I miracoli però non sono i dolci preparati da ragazzi disabili ma la capacità di questi ragazzi di sentirsi protagonisti».
Nel silenzio commosso di coloro che hanno ascoltato queste parole, il Vescovo Mimmo ha voluto ricordare alla Piccola Casa la sua speciale missione: «Il senso dell’esistere di questa casa sta nel vostro essere famiglia perché solo così potete essere profezia nell’oggi ed andare incontro al futuro. Vivere al Cottolengo è una grazia di Dio che non dovete disperdere e che nel vostro piccolo dovete imparare a valorizzare».
Un sincero «Deo gratias alla Divina Provvidenza» che ci ha permesso di ascoltare una Voce profetica dell’oggi che ci ha ricordato quello che già ripeteva San Giuseppe Cottolengo che
«I poveri sono i nostri maestri e in loro abita Gesù».